Offscapes - Beyond the Limits of Urban Landscape

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ZUBENELGENUBI Ci sono davvero giorni così / sotto il cielo blando dell’equinozio / rosa di cenere incandescente; / dei giorni come questi quando cambia / a volte il colore della città, / giorni scoperti soltanto alla sera, / sospendono la prosa della vita / Ci sono giorni come questi, quando / s’incendia la linea degli orizzonti, / non trovi le armonie, ma risonanze, / la roca vibrazione del metallo / sentita sulla corda delle vertebre, / pressione atmosferica sul timpano, / ronzio spettrale del rumore bianco / che contrappunta i bassi del respiro. «Arido, rosso e dolce è il panorama / scheletrico del mondo», il duro suolo / interminato di tutti i racconti finiti / dei corpi degli uomini fatti pietra, / mare di voci confuse dal tempo, / quello che hai gettato a piene mani / nei buchi dei giorni, nel cavo degli anni / negli impasti astiosi del passato, / fidando nel progetto, nello stampo, / credendo all’edificio, alla struttura: / invece non c’era nulla di scritto / e ogni costruzione si sviluppa / senza pilastri, senza saggezza, / con l’intelletto dell’ultimo istante / su queste fondamenta incoerenti. Ecco perché mi piacciono i deserti / nel pieno di periferie disfatte / di zone industriali abbadonate. / Sotto ai cieli di foschie immobili, / cieli occidentali abbandonati dalla storia, / soli nella solitudine del nuovo giorno / restando chiusi dentro automobili / ferme ai bordi delle città, nelle strade / sempre più vaste e svuotate dal traffico, / non devi aspettare un cinemascope, / la carrellata indietro in controcampo / lunghissimo che prenda e dica tutto: / saranno i nostri passi a raccontare / la trama degli occhi e degli sguardi, / a costruire ogni volta il clima / senza ascoltare le prescrizioni / dell’aspra sorte e del depresso luogo / (nemmeno quelle delle acerbe gare), / di tutte le favole tristi o felici. / La solitudine ci entra nell’occhio / per cento angoli e facce diverse, / nello sguardo d’insetto di mille / finestre delle case popolari, / l’immenso distesa dei vapori di sodio. / È un logaritmo di altre città, / un vivo panorama di tragitti, / di punti di partenza e di ritorni / è il calcolo dei passi e la fatica; / tutte le minime città raccolte / sotto i cieli plurali della sera. Qui puoi trovare i nuovi piaceri: / lo stridere del neon fra le cicale, / la luce artificiale nelle aurore, / l’odore del gasolio, del catrame: / finora non ne abbiamo mai parlato / al margine dell’erba, pensavamo / che fossero soltanto un ingombro / da togliere e tornare al vero vero, / invece sono fatti per durare / e farsi dura pietra, terra, suolo, / racconto, senso, storia, insomma è questo / lo strato di un’altra generazione. / Senti pensieri nei plessi spinali, / lungo le vene e attraverso alle ossa / formarsi in proteine e tendini, tensioni, / sciogliere e svolgere in ritmo e respiro / i ciottoli, la polvere, i mattoni, / chiaro splendore di cielo e cemento. / In fondo alle strade di pianura / in angolo insolito con l’universo / restano ferme le nuvole estive.

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