11-2009.compressed

TRACCE 2009 3 EURO NOVEMB E Poste Italiane Spa - Spedizione inA.P.D.L.353/2003 (conv.in L.27.02.2004,n° 46) art.1,comma 1,DCB Milano

R I V I S T A I N T E R N A Z I O N A L E D I C O M U N I O N E E L I B E R A Z I O N E

10

L I T T E R A E C O M M U N I O N I S

OLTRE LA POVERTÀ

Alla radice del bisogno materiale c’è sempre più spesso un altro fattore: la solitudine. Viaggio in un’esperienza che permette di sconfiggerla

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EDITORIALE

è un avvenimento imponente che da qualche anno segna il mese di novembre. In Italiama, ormai, non solo, visto che un po’ alla volta sta diventando globale, con ricadute in Europa e Sudamerica. È la Col- letta, la giornata organizzata dal Banco Alimentare (quest’anno cade il 28) per raccogliere da chi fa la spesa cibo da donare ai poveri. È il momento culminante di un lavoro che dura tutto l’anno, visto che il Banco assiste costantemente ottomila enti e associazioni (primi fra tutti, i Banchi di Solidarietà).Nel 2008 ha mobilitato più di centomila volontari, stavolta è probabile che si vada oltre. Un gesto di po- polo, insomma. Che però, per paradosso, si porta dentro un rischio. Non è tanto - o non solo - l’abi- tudine, la possibilità di dare per scontato che accada una cosa del genere (ormai è l’edizione numero dodici). È qual- cosa d’altro, di più sottile. Qualcosa che, stranamente, si annida nella semplicità stessa del gesto. In fondo, la Colletta è come un cerchio che, una volta tanto, si chiude a perfezione.C’è chi fatica ad arrivare a finemese e spesso non ha i soldi per mangiare. C’è chi raccoglie sul mercato cibo che altrimenti andrebbe buttato (il Banco Ali- mentare, appunto). E c’è chi lo fa avere ai poveri (i Banchi di Solidarietà e le altre associazioni).Una grande idea, un’ap- plicazione intelligente e una macchina organizzativa che funziona. Bellissimo. Eppure, da fuori, ci si potrebbe fermare lì, al bel gesto. Grande. Commovente. Capace di approdare sui giornali. Ma destinato a svanire qualche giorno dopo, nella mente di chi non è implicato direttamente nel Banco, nei Banchi o nel ruolo di chi quei pacchi li riceve. E INVECE NO . In quel sabato di fine novembre - e in ciò che porta a galla - c’è molto di più. C’è tutto. Perché basta grat- tare via la patina degli stereotipi sulla crisi e i “nuovi poveri” per trovare quello che un recente rapporto della Fonda- zione Sussidiarietà afferma con numeri e cifre e che lo stesso Benedetto XVI ha fissato in un passo della Caritas in ve- ritate : «Una delle più profonde povertà che l’uomo può sperimentare è la solitudine.Aben vedere anche le altre povertà, comprese quelle materiali, nascono dall’isolamento, dal non essere amati o dalla difficoltà di amare». Si è poveri perché soli. Tante volte, prima di essere una questione di disoccupazione, di soldi, persino di fame, la po- vertà è solitudine. Bisogno di un rapporto, quindi, altro che sussidi. Conta quanto il cibo.Anzi, più del cibo. Perché non è un rapporto qualsiasi che manca, al povero come a tutti: è “il” rapporto, il legame con il significato. Con ciò che dà senso e dignità a tutto. Con il Mistero. Non a caso, quella pagina del Papa prosegue così: «Le povertà spesso sono gene- rate dal rifiuto dell’amore di Dio, da un’originaria tragica chiusura in se medesimo dell’uomo, che pensa di bastare a se stesso, oppure di essere solo un fatto insignificante e passeggero, uno “straniero” in un universo costituitosi per caso. L’uomo è alienato quando è solo o si stacca dalla realtà, quando rinuncia a pensare e a credere in un Fondamento». I L CUORE DELLA C OLLETTA , e del lavoro che si porta appresso tutto l’anno, è proprio questo. All’origine di quel cerchio semplice e perfetto, tracciato dal Banco, dai Banchi e da molte altre opere - ma si potrebbe dire, da ogni forma di vera carità -, c’è qualcosa che sta oltre. Un fattore che pesa molto di più del pacco di viveri portati a chi ha bisogno. C’è «il Fondamento», per usare l’espressione del Papa: Cristo. E arrivare fin lì, a riconoscerLo, è ciò che inizia a scardinare dav- vero la solitudine. Di chi riceve, ma anche di chi dà. Lo testimoniano molte delle storie che troverete raccontate in questo Tracce . Ma è una possibilità per tutti. Magari a cominciare da quel sabato di fine mese, in cui si può entrare al supermercato per “fare del bene” e si può uscirne - o le- garsi - avendo fatto un passo in più nella conoscenza della realtà. Di sé. E di ciò che serve a tutti per vivere. A L DI LÀ DEL CERCHIO C ’

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SOMMARIO

NOVEMBRE 2009

RivistaInternazionalediComunionee Liberazioneanno XXXV-PosteItaliane Spa-SpedizioneinA.P.D.L. 353/2003(conv. inL.27.02.2004,n°46)art.1, comma1,DCBMilano Ufficiodistribuzioneeabbonamenti: LidiaUnali Tel.02/28174420-Fax02/26149340 dalunedìavenerdìh.9.30-12.30,15.00-18.30 E-mail: abbonamenti@tracce.it Redazione: ViaPorpora,127-20131Milano Tel.02/28174400-Fax02/28174401 E-mail: redazione@tracce.it Internet: www.tracce.it Direttoreresponsabile: DavidePerillo Vicedirettore: PaolaBergamini Segreteriadiredazione: MariaBarenghi, AnnaLeonardi,BenedettaVillani Redazione: PaoloPerego,Stefania Ragusa,PaolaRonconi,FabrizioRossi, AlessandraStoppa Collaboratori: LorenzoAlbacete, LucaAntonini,AlessandroBanfi,Letizia Bardazzi,MarcoBardazzi,Marco Bersanelli,MarcoBiscella,MarcoBona Castellotti,AlessandraBuzzetti,Massimo Camisasca,LauraCioni,PigiColognesi, GiacomoB.Contri,PaoloCremonesi, GianluigiDaRold,FernandoDeHaro, MargheritaDelCastillo,CarloDignola, LucaDoninelli,StefanoFilippi,Roberto Fontolan,GiuseppeFrangi,Mario Gargantini,JonahLynch,AndreaMilanesi, AdrianoMoraglio,WalterMuto,Franco Nembrini,GiorgioPaolucci,Giovanna Parravicini,RobertoPerrone,Roberto Persico,LucaPezzi,DavideRondoni, AlbertoSavorana,AntonioSocci,Cristina Terzaghi,AndreaTornielli,Maddalena Vicini,GiorgioVittadini,JohnWaters,John Zucchi,StefanoZurlo

inserto centrale PAGINA UNO

LA STRUTTURA DELL’ESPERIENZA

Il terzo e ultimo capitolo (pagg. 126-132) de Il rischio educativo di Luigi Giussani

1

Al di là del cerchio

EDITORIALE

Oltre la povertà «Da quel gesto si è allargato tutto...» di Paolo Perego 14 Il fattore Banco di Stefano Filippi 20 Il Brasile toccato da una novità che chiama in prima persona 21 Un paradosso da Nobel di Gianluigi Da Rold 23

PRIMO PIANO

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Spagna La cultura della vita di Cristina López Schlichting

ATTUALITÀ

Progettografico: DavideCestari,LuciaCrimi Impaginazione: G&C,Milano

30

La riforma della sanità Un sistema da curare di Suzanne Tanzi

OBAMA

Foto: Contrasto: copertina, 72/73; Archivio CL: 66/67; Corbis 34/35, I-IV; R. Siciliani: 82, 84 86/87; O. Romano: 80/81; Alinari: 37; Reuters: 29, 30/31, 32; E. Genovesi: 14-24; E. Favarato: 46-53, 63; S. Malapelle: 49; M. Filippini: 62.

34

Parla Serena Vitale Dietro al Muro di Berlino di Fabrizio Rossi

ANNIVERSARI

39

Il motore della svolta di Joachim Jauer

Pubblicità: SocietàCoop.Edit.NuovoMondo, LauraPenazzo

46

UNA GIORNATA... Nel carcere di Padova Fine pena: qui e ora di Paola Bergamini

Tel.02/28174430-Fax02/26149340 E-mail: laurapenazzo@tracce.it Editore: SocietàCoop.Edit.NuovoMondo IscrizionenelRegistrodegliOperatori diComunicazionen.6.147 Latestatabeneficiadicontributidiretti dicuiallaleggen.250/90

Don Pontiggia «Cristo è il compiersi dell’umano» di Giorgio Vittadini 60

VITA DI CL

Polonia Una roccaforte Oltrecortina di Alessandra Stoppa 66 Alberoni e i “40 anni” di Cl La formula di una presenza di Carlo Dignola 72

Amministrazione: ViaPorpora,127 20131Milano-Tel.02/26149301

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ANNIVERSARI SOTTO IL CIELO DI BERLINO

14 PRIMO PIANO OLTRE LA POVERTÀ

34

Reg.TribunalediMilanon.57-3marzo1975

Un dato accomuna molti “nuovi poveri”: la solitudine. E il bisogno di un’amicizia che accenda la speranza. Cosa succede quando la carità arriva fin lì?

Vent’anni fa, crollava un regime in cui non credevano più neanche i suoi sostenitori. Perché, spiega la slavista Serena Vitale, «il dissidente era dentro di loro»

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SOMMARIO

NOVEMBRE 2009

80

Dopo il Sinodo Alzati, Africa di Andrea Tornielli

CHIESA

Il racconto di Rose «È Dio che porta avanti tutto» di Alessandra Stoppa 83

86

Gianna Beretta Molla L’eroico è il quotidiano di Paola Bergamini

SANTI

SANTA GIANNA BERETTA MOLLA Storia di una mamma di famiglia

92

BENEDETTO XVI Il cristianesimo è fondamento, tesoro ed eredità dell’Europa

94

Il Papa alla Sistina La Chiesa e l’arte di Giuseppe Frangi

CULTURA

La “Giornata di Euresis” La scoperta di uno sguardo di Mario Gargantini 98

SCIENZA

100

SAN FRANCESCO Alberzoni La ricchezza della “lieta povertà” di Pigi Colognesi

40 44

I fatti rispondono di John Waters

CONTRIBUTI

Prove di sussidiarietà di Giorgio Vittadini

107 108

Antivirus di Davide Rondoni Millimetri di Luca Doninelli

6

Lettere a cura di Paola Bergamini

RUBRICHE

42 42 76 76 79

In breve

Dal mondo a cura di Roberto Fontolan

Movimento Tra i banchi Momenti Clu Segnalibro

104 104 106 110 112

Libro del mese Lui è qui letto da Lucio Brunelli

Block Notes

LIBRO DEL MESE Lui è qui

Grande foto Volare alto

La storia

DOPO IL SINODO ALZATI, AFRICA Le guerre, la povertà, l’Aids... Ma al di là della politica, c’è un annuncio. Bilancio di un’assemblea che è riuscita davvero a «toccare la realtà, ma nella prospettiva di Dio»

UNA GIORNATA... NEL CARCERE DI PADOVA Dove i giorni si ripetono tutti uguali, c’è una piccola comunità che vive già in modo nuovo. Siamo andati a vedere da dove nasce quel cambiamento

46

80

Sul sito www.tracce.it news e approfondimenti

NOVEMBRE 2009 5

LETTERE

A cura di Paola Bergamini. E-mail: pberga@tracce.it

IL RESTO LO FA LUI COME PIÙGLI PIACE C aro don Carrón, ho quaran- t’anni e faccio il magazziniere. In questi ultimi anni mi capita di av- vertire più chiaramente un affetto e una responsabilità innanzitutto verso me stesso, che investe poi i rapporti. In particolare ti racconto del rapporto con i nuovi colleghi di lavoro, tutti ventenni, che Diomette al mio fianco e per i quali, nelle mie preghiere, chiedo anche di essere Suo testimone.

gioso; questo mi ha rattristato, ma non demoralizzato perché la sua conversione non è opera mia. Poi ha voluto sapere cosa mi aveva colpito e gli ho risposto: «Don Carrón mi vuole bene gratuitamente e desidera che la mia umanità si compia fino in fondo; se voglio essere felice e libero nell’esperienza che vivo devo dare un giudizio. Lui sa di che cosa è fatto il mio cuore». Dopo qualche giorno Alessiomi ferma,mi restituisce il dvd e mi dice: «Grazie. Di solito mi

Chiesa ortodossa, poi durante un in- contro con la comunità di Taizé. In Cl non ho sentito niente di nuovo o prima sconosciuto, ma tutto era di- verso. Ho cominciato a frequentare regolarmente la Scuola di comunità e tutti gli incontri del movimento con continuo stupore e ricerca. Molto è cambiato in me: sono di- ventata più figlia dei miei genitori, più sorella per mio fratello, più giu- rista al lavoro, più amica dei miei amici. Sono diventata più cristiana. Ho riscoperto il gusto e la totalità della vita. L’incontro con il movi- mento è diventato così importante per me e per i miei amici, che ab- biamo chiesto di continuare la Scuola di comunità anche in va- canza. Quest’anno si è logicamente concluso per me con il desiderio e la possibilità di andare al Meeting. Il Meeting è stato il periodo delle do- mande, della crisi e della conoscenza. L’anno scorso è stato il periodo da neofita nel movimento: io e i miei amici abbiamo imparato tante nuove parole, termini e concezioni. Piano piano ho cominciato a parlare in modo «specifico ciellino». Se qui a Mosca questo non sembrava tanto strano, al Meeting è diventato evi- dente. Le parole che prima avevo sentito come «dette a me in una ma- niera molto speciale» avevano perso il loro contenuto, ascoltandole e ri- petendole non le vivevo più. Questo ha destato in me il primo scandalo e la prima crisi. Non ero più certa di niente, avevo paura di perdere me stessa. In più il lavoro al Meeting era così faticoso che non mi aiutava. Prima di andare al Meeting avevo già scoperto il metodo di verifica della corrispondenza della realtà al

rompo a guardare le foto delle mie vacanze, figurati quelle degli altri; ma que- sta notte sono andato a letto all’una e quaranta per guardarle tutte. Alcune foto erano così belle che un po’ mi sono com- mosso». Poi ha comin- ciato a farmi domande sulle vacanze e alla fine mi ha detto: «Sono tentato di

Avverto tutta la spropor- zione e l’inadeguatezza della mia richiesta; però penso che io metto la mia decisione, e il resto lo fa Lui come più gli piace. Così incomincio a vedere cose“strane”. I giovani col- leghi, che a turno vengono a lavorare con me, mi di- cono: «Facciamo a gara per venire da te (sono in

venirci anche io il prossimo anno». Dopo un po’,mentre lavoravamo,mi ha detto che lui è ateo, che crede in Gesù, ma solo come un grande uomo. Io gli ho ricordato che quando lo incontravano, pur sapendo bene che era il figlio del falegname, erano costretti a domandarsi: «Ma chi è?». Di fronte a questi fatti non riesco a fare altro che rimettere la mia mise- ria nelle Sue mani e dirgli: «Fai Tu». Claudio,Modena PIÙ FIGLIA, PIÙ SORELLA… PIÙCRISTIANA C arissimo don Julián, ho incon- trato il movimento un anno fa. Questo fatto per me è stato un nuovo inizio di quello che mi era successo 12 anni fa, prima nella

un altro reparto); si sta meglio e c’è più pace, di là sono tutti sclerotici». Un rapporto che nella sua semplicità permette un dialogo su alcuni aspetti della vita: la fidanzata,Dio, la politica, per esempio. Quando ho invitato il mio collega Alessio alla Giornata di inizio anno, lui mi ha detto: «Ti ho dato diversi bidoni, questa volta vo- glio dirti di sì». L’ho presentato ad al- cuni amici e si è anche fermato un’oretta con il gruppo dell’Amistad a lui sconosciuto. All’uscita, Gabbro mi ha bloccato per darmi il dvd Il volto dei testimoni. Vacanze a La Thuile 2009 , che ho regalato adAles- sio. Tornando a casa gli ho chiesto cosa pensava dell’incontro emi ha ri- sposto che era d’accordo sulle cose dette tranne che per l’aspetto reli-

6

NOVEMBRE 2009

Scrivere a Tracce redazione. Via Porpora 127, 20131 Milano

Colleghi e testimoni

QUELLA DOMANDA NELL’AULA DI INFORMATICA

C arissimodonCarrón, quest’estate ho“dovuto”pre- garemolto, oltre che per le persone amiche, anche per alcuni colleghi in situazioni davvero tristi. Sono sta- ta loro vicina nella preghiera, ma anche con telefona- te, e-mail, sms.Al ritorno a scuolami ringraziano del- lamia vicinanza e delmio affetto.Luigina, carissima ami- ca, cattocomunista convinta e acerrima nemica delmo- vimento, in disparte ascolta in silenzio, dicendo: «Ma

dice che il giorno prima in università il figlio, anche lui contrario al movimento, ha visto un cartello di Cl: gli studenti di medicina si rendevano disponibili ad aiu- tare coloro che volevano affrontare il test. «Francesco ci è andato» mi dice, «e io gli ho chiesto chi avesse pa- gatoper tutto ilmateriale occorrente». «Ciascunodi loro hamesso del proprio», ha risposto Francesco. Luigina: «Alla fine del test uno di Cl sale in cattedra e incomin-

quanti contatti hai tenuto?». Dopo qualche giorno, io e lei siamo al computer per la programmazione. All’improvviso, Luigina smette di dettare e con le lacrime agli occhi mi dice: «Francesco, mio figlio, in que- sto momento sta facendo il test di ammissione alla facoltà dimedicina». E io: «Perché piangi?». «L’anno scor- so non è passato. I partecipanti sa-

cia a parlare di Cristo: Cristo di qua, Cristo di là... Io e mio figlio ci siamo chiesti perché». Rispondo: «Forse perché Cristo c’entra con tutto!». «È quello che ho pensato anch’io» dice lamia collega.Allora io, inmodo un po’ ironico continuo: «Che bravi questi ragazzi di Cl!».E lei: «È vero, ho pensato che nel movimento ci sono tante persone che fannodel bene e poi

ranno almeno 3.000 su circa 300 posti disponibili».Dal suo sguardo capisco che vuol dire una preghiera conme. Incredibile.Lei,per cui il cattolicesimo è sostanzialmente aiutare i poveri e “fare del bene” chiede a me, ciellina, di pregare lì, nell’aula di informatica. Recitiamo un’ Ave Maria e invochiamo lo Spirito. Subito dopo Luiginami

ce ne sono altri che non lo fanno, come in qualsiasi al- tro posto». Io sono sempre molto preoccupata di come e cosa fare perché le persone incontrino Cristo e siano più felici,mentre basta essere quello che si è. Tut- to il resto è nelle Sue mani. Giuliana

già conosciute. Ho fatto l’esperienza viva di cui lei parlava alla Giornata d’inizio anno. Ho scoperto di nuovo le cose vecchie che sembravano già conosciute e capite. Per questo ho sentito così forte la corrispondenza delle sue parole. Quello che lei diceva io l’ho vissuto e lo sto vivendo adesso. La ringrazio tanto per il suo “sì” nel fare questa strada e nel con- dividerla con me. Viktoria,Mosca

tire in continuazione. Così ho co- minciato a gridare e chiedere a Lui di rigenerarmi e di darmi il senso. In questomodo, passo dopo passo con- frontando quello che avveniva con il cuore, la mia vita al Meeting ha preso una forma familiare. Lavoravo, riposavo, lavoravo ancora, ma con più gioia, poi andavamo al mare, guardavamo qualche mostra. Ho potuto scoprire di nuovo e più pro- fondamente le cose che sembravano

cuore. Così le condizioni del Meeting sono diventate per me il campo della verifica. Mi sono fermata e ho rico- minciato a chiedere a me stessa: «Nella mia vita esiste qualcosa di più grande delle mie paure, della mia in- soddisfazione?». La risposta positiva è diventata giudizio. Nella mia vita c’è Qualcosa di più grande in cui tutto acquista il suo senso, c’è l’in- contro che mi apre le porte all’Infi- nito, c’è la Sua presenza che si fa sen-

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LETTERE

E PENSARE CHE ILMEGLIO DEVEANCORAVENIRE Q uest’estate è iniziata per me pensando che sarebbe stata uno schifo. Avrei lavorato la sera al bar di mio zio, perciò non sarei potuta an- dare dai miei amici, né al Meeting. In più si aggiungevano le ripetizioni e lo studio per la mia tesina. Tutto questo era sufficiente a rendere l’estate un disastro. Tornata dal campeggio, l’unica settimana di vacanza che mi era stata concessa, mi sentivo più ca- rica, pronta ad affrontare la vita e l’estate, anche se alla fine non era come l’avrei voluta. Infatti, si è di- mostrata ancora meglio di come la immaginavo. Spesso al bar venivano dei ragazzi con una visione della vita completamente diversa dallamia.Ho avutomodo di parlare con loro. Certi loro pensieri e modi di vedere le cose mi lasciavano a bocca aperta, scon- volta di fronte ad una realtà che non avrei mai voluto fare mia. Uno di loro mi ha raccontato di come fosse disperato per l’arrivo dell’inverno e della routine quotidiana, fatta di stu- dio e lavoro.Mi dice: «È appena finita

così serena, allegra, con il sorriso, an- che mentre lavori. E i motivi sono due: o sei scema o sei davvero felice. Non credo tu sia scema».Mi è venuto in mente Marco, che durante gli in- contri ci raccontava di come, sul la- voro, i suoi colleghi notassero in lui una diversità, un qualcosa in più che gli dava quell’aria felice. Finché lo raccontava lui, non riuscivo a capirlo fino in fondo. Ma poi è successo an- che a me, lo hanno notato anche in me! E a farlo è stato qualcuno che mi conosceva appena.Mi sono chiesta il perché: era per il modo in cui ho de- ciso di affrontare la vita. E allora ho pensato a quanto fossi fortunata ad avere avuto la grazia di poter vivere questa esperienza, fortunata per aver incontrato Cristo. Perciò oggi, più di ieri, capisco cosa sia importante dav- vero: attaccarsi a Lui e continuare a dare un senso a tutto ciò che accade, anche alle cose brutte. Ho portato avanti il mio cammino personale che mi ha reso ancora più consapevole di quello che sto vivendo. E sono ancora più felice pensando che il meglio deve ancora venire. Veronica, Carrara DA COSA SI INIZIA A RICOSTRUIRE C ari amici, i corpi delle vittime dell’alluvione a Messina spin- gono a chiedersi: mio Dio com’è possibile che tutto questo possa ac- cadere? Perché tanto dolore? Do- mande pesanti e difficili da soste- nere affidandosi solo alle proprie forze. Quando ciò avviene, infatti, si finisce per cedere alla tentazione di allontanare le domande scomode della vita, orientandosi verso scor- ciatoie in grado di soddisfare, nel- l’immediato, la sete di giustizia e di verità che determina il cuore. Ma i morti? Le loro famiglie? Gli sfollati? Niente, nel mainstream mediatico per loro c’è solo lo spazio di poche parole. Il cuore dell’uomo però e indomito e non si accontenta. Din-

l’estate e già non vedo l’ora che torni giugno, vabbè, mancano solo nove mesi!». Di fronte a questa frase non ho potuto fare a meno di dire: «Che tristezza!». Un altro ragazzo diceva che, per lui, il solomodo di divertirsi è bere ed ubriacarsi. Inoltre, ha degli amici a cui dice di voler bene, ma di cui non si fida: pensa che un giorno potrebbero fregarlo provandoci con la sua donna. Che brutto! Ma il vero episodio che ha cambiato il mio modo di vedere è stato un altro. Uno di loro, una sera mi dice: «Ti stimo. Non so come fai ad essere sempre

Muy chéveres , quei professori... I nsegno nella scuola primaria dell’istitutoAlessandroVolta di Bogotá in Colombia. Poche settimane fa ho chiesto di fare supplenza in pri- ma media per reincontrare i mie alunni della quinta dello scorso anno. Sono entrata ed ho cominciato a chiedere come andava. Ad un certo punto si è svolto questo dialogo. «Il professor Ballabio è molto severo». «Sì,molto, l’altro giorno ha castigato Felipe». «Sì,ma le sue lezioni sono muy chéveres (forti, belle, nel gergo dei ragazzi). «Perché?» chiedo. «Per- ché sono interessanti, avvincenti». «Sì, come quelle della professores- sa Doris». «È vero», confermanomolte voci. Io commento soltanto che mi sembra interessante che un professore possa essere severo e forte ne- llo stesso tempo. Il professor Ballabio è un insegnante italiano arriva- to da poche settimane e la professoressaDoris è un’insegnante colombiana che lavora nella scuola da molti anni. Prima non si conoscevano, ma li accomuna l’appartenenza al movimento. Sono uscita dalla classe con un senso di gratitudine e pensando: «Ma chi sei Tu o Cristo che ti ri- veli inmodo cosí discreto,ma evidente, attraverso la quotidianità di al- cune ore di lezione?». Anna, Bogotá (Colombia)

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NOVEMBRE 2009

A proposito di sant’Agostino

UN’ORA DI SCUOLA CHE CAMBIA LA GIORNATA M i sono alzato e sono andato a scuola.Alla prima ora peròmi si piazza davanti un certoAgostino,morto nel 430. Me lo presenta il mio professore di filosofia. An- cora adessomi chiedo come possa unuomomorto1579 anni famettermi addossoquesta inquietudine. Sono sta- to colpito dalla sua irrequietudine, dalla sua ricerca del-

que ore di scuola, perché le aveva vissute senza alcuna domanda. Infine la sera sono stato a BergamoIncontra. Ad un certo punto vedo Leo, venuto apposta daMila- no, che chiede di mangiare insieme. Accetto. Ci pren- diamo un kebab e ci sediamo ad un tavolo io, Leo e Bo- nacina. Dopo qualche minuto si avvicina una ragazza che conosco sì e no di vista. Fa un po’ la scema, inizia a spintonare, a fare il solletico impedendomi di parla-

re. Leo simette a chiacchierare con lei eque- sta fa la “grande”, dice di sapere già tutto. A questo punto Leo le dice di smetterla di prendersi in giro e le chiede chi è lei dav- vero. Risponde che non lo sa e che quasi nemmeno le interessa,ma Leo insiste e da- vanti a uno che le chiede di prendersi sul serio lei cede e inizia a raccontare di sé, di come le è morta la madre, di come il pa- dre l’abbia abbandonata, dellamorte del- la nonna e dell’adozione che sta vivendo.

la verità. Prendendo appunti sulla sua vitami sono accortodi come lui non si fac- cia mai bastare quello che vive senza aver trovato un significato. Questomi ha feri- to mortalmente. Ho passato le ore suc- cessive chiedendo a quello che si diceva in classe di ferirmi allo stessomodo, l’ho chie- sto a Machiavelli nel capitolo XXV de Il Principe e allepresentazioni che imiei com- pagni avevano preparato suAmleto. Fini- ta la scuola sono stato ad un pranzo per

Scoppia a piangere e se ne va arrabbiata.Quella ragaz- za la pensavo un po’ tonta, ed è bastato uno come Leo perché davanti a noi iniziasse a prendersi sul serio.Con chi pensa di sapere già tutto della vita non mi interes- sa parlare, ma a una che ha una ferita nel cuore come quella che ha lei, vorrei fare incontrare la Compagnia che rende piùovvio quello che sembra piùdifficile.Rin- grazio sant’Agostino che ha acceso in me questa do- manda e se una domanda così fa vivere giornate come quella di oggi, prego perché non si spenga. Lorenzo, Bergamo

parlare del weekend che noi de La Traccia da qualche anno organizziamo. Si ragionava su cosa fare per ren- derlo più bello e utile. Lacerato dalla domanda che san- t’Agostinomi aveva regalato, ho detto che secondome il puntononera come organizzare,ma conchedomanda avremmo vissuto quei giorni. Tutto è cambiato, siamo arrivati a capire che noi abbiamobisognodi questowee- kend, e lamia speranza è quella di poter tornare a casa con una domanda ancora più grande. Poi abbiamo fat- to Scuola di comunità e Elisamentre stava parlando ini- zia a piangere perché si è accorta di avere buttato via cin-

“misericordia” che legge tutto ciò che è umano. La misericordia: Dio compie la vittoria sul male dentro la storia come positività, è questo che dà la ragione a ciò che accade» . Un giudizio così rende banale tutto il re- sto, trasformando in stucchevole re- torica ogni polemica. Dopo che ci si è arrabbiati e vendicati, cosa rimane all’uomo? Ancora tanto dolore, mentre è la misericordia ciò di cui ha bisogno. Ecco, chiedo che le pa- role di don Giussani possano di- ventare sempre più esperienza quo- tidiana. Usare la ragione così come

la usa lui cambia immediatamente prospettiva, per cui non è più la re- criminazione a determinarmi, ma la voglia e la possibilità di condivi- dere, anche solo nella preghiera, i bi- sogni di quelle tante persone che hanno perso tutto; condividere il loro bisogno per dare risposta al mio desiderio di felicità. Altrimenti, superato l’iniziale impatto emotivo, tutto scivolerebbe via lasciando tri- stezza e amarezza e alle lacrime si sostituirebbe l’alienazione… del mio io innanzitutto. Nicola,Messina

nanzi a questo dramma vengono in mente le parole che don Giussani, nel 2003, scrisse subito dopo l’esplo- sione dello shuttle Columbia: «C’è un’unica spiegazione cha dà ragione di tutto ciò che è accaduto: la croce di Cristo; la Sua morte è la risposta di Dio ai nostri limiti e alle nostre ingiustizie. Ci sarebbe un orizzonte di mancanza di ragione in tutte le cose. Qualsiasi evento capiti non troverebbe mai risposta adeguata, se non ci fosse Cristo: Lui segna l’ul- tima vittoria di Dio sulla realtà umana; qualsiasi cosa accada, è la

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LETTERE

INMEZZOAL PACIFICO TRA LE BALENE

Giacomo, a Reading (Gran Bretagna) per un dottorato inmeteorologia, va in America per una serie di confe- renze. Ecco cosa scrive ai genitori. C arissimi, non vi posso dire quanto sono contento di questo inizio.Oggi è stata giornata da turista con Emma - la ragazza inglese che fa il Phd a Reading - ed è statomolto fa- ticoso: lei parla sottovoce e velocissi- mamente, io sono sordo, all’aperto non capisco nulla, mi devo sempre far ripetere le cose. Eppure è successo l’incredibile. Stasera, dopo una gior- nata di vani tentativi, siamo riusciti a fare dei discorsi andando in fondo alle cose. Sono stato a messa. Sono in un posto sperduto nel mondo (qui tutto odora di Far West) e per un’ora sono statodavanti aCristo crocifisso con al- tri 200 sconosciuti in una chiesa splendida. Oggi sono andato con Emma a whalewatching ( osservazione delle balene; ndr ): ne ho viste due! Ero in mezzo al Pacifico, con delle onde che dire enormi è un eufemismo. Mi sono trovato più volte durante il giorno a pensarmi fortunato. Non si immagina quanto bello sia il mondo,

che faccio. E in questo faticare, nel misurare ogni singolo passo, mi sto gustando il premio che è promesso. Non importa come, ma chi sa essere all’altezza della propria natura umana, può avere la possibilità di gustarsi la vita.Ma immaginate, io qui in questo pezzo di mondo a gustarne tutte le meraviglie e a fare ciò che mi è sem- pre piaciuto: studiare l’atmosfera e carpirne i dettagli. Spero che nelle vo- stre giornate possiate anche voi gu- stare ciò che fate (dai rapporti con le persone fino al lavoro). È dav- vero tutto promesso nel singolo istante che vivi. Giacomo

quanto ogni singolo pezzo di esso ab- bia una particolarità unica e irripeti- bile. Ho faticatomolto.Anche solo lo sforzo di una parola con Emma mi costava fatica, per non parlare poi del- l’angoscia che ogni piccolo gesto nuovo porta con sé. Dal viaggiare da solo, dal partire con lamia prima con- ferenza, e senza l’appoggio del mio prof, per finire col trasferimento a Bo- ston per parlare nell’università più fa- mosa del mondo tentando di non farsi ammazzare didatticamente. Tante gente farebbe meno fatica, ma io sono stato voluto così. E sto proprio imparando ad accettarmi per come sono, senza arrabbiarmi per la fatica

Il seme fiorito per vent’anni C osa c’è di diverso in una domenica passata a festeggiare vent’anni di matrimonio? Gli sposi. Lui, Manuel, nel suo vestito più elegante, diritto, in piedi davanti al banco drappeggiato di rosso; lei, Morena, non può stare in piedi a fianco di suomarito. È in una carrozzina-letto perché una malattia la co- stringe in quella posizione e a non rendersi conto perfettamente di cosa sta succedendo intorno a lei. Sono lì, davanti al Signore a riconfermare quell’amore che si sono promessi vent’anni prima con una dignità che ha lasciato tutti i presenti senza parole, ma con in cuore una gioia per la loro testimonianza. In quel mo- mento mi sono sentita “piccola piccola” e ho chiesto perdono al Signore per tutte le volte che la mia impa- zienza aveva permesso al mio essere di dare sfogo all’istintività e quindi di arrabbiarmi perché ciò che pre- tendevo non veniva realizzato. Nello stesso tempo ho ringraziato il Signore perché attraverso di loro avevo vissuto un momento di vera testimonianza. Il seme che il Signore ha posto nella loro vita sta germoglian- do nel cuore di ciascuno di noi. Nel biglietto di ringraziamento che hanno donato c’è scritto: «Tutto parla di Lui». È vero, il Signore in questo particolare momento ha parlato ai nostri cuori e, come sempre ci ri- corda don Carrón: «Il testimone ci mostra una reale possibilità di vivere le circostanze in cui siamo chia- mati» comunicandoci «la bellezza dell’appartenenza a Cristo» che porta il fascino di una umanità diversa e perciò un lavoro, un cammino verso l’origine nascosta di quella «diversità umana». Marina, Pieve Emanuele (Milano)

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LETTERE

DONGIANCARLO: UN PADRE PER TANTI C ari amici, vorrei condividere l’esperienza che ho vissuto in- sieme agli amici della comunità di Rimini, nei giorni dellamorte di don Giancarlo. Nelle ultime settimane la discrezione e la situazione oggettiva avevano stretto il giro delle persone che andavano a salutarlo, ma sabato, il giorno prima della morte, siamo «riusciti a farlo morire in mezzo alla gente»: è bastato qualche sms perché la sede di Cl, adiacente alla casa, si riempisse di persone che hanno reci- tato il Rosario fino a sera inoltrata. Poi tutti hanno cominciato a salire alla sua camera per salutarlo. E c’erano le persone più diverse: giovani, adulti, sacerdoti, ciellini e vecchi amici, am- ministratori pubblici. Domenica mattina, poco prima che morisse, è venuto il nostroVescovo, le cui visite, nelle settimane precedenti, erano state affettuose e frequenti. Don Giancarlo è morto domenica 4 otto- bre. In quei giorni abbiamo dovuto fare i conti con tanti sentimenti ed ab- biamo dovuto giudicarli per non soc- combere alla confusione delle emo- zioni, dei ricordi. Un’ evidenza è balzata subito agli occhi: don Gian- carlo, in questi più di cinquat’anni in

remmo mai immaginati. Ci siamo scoperti più essenziali, più tesi al- l’ideale, più appassionati al bene, più capaci di vedere e di valorizzare ciò che c’è di positivo negli altri. Nean- che per un istante ci siamo sentiti or- fani o smarriti, perché vedevamo da- vanti ai nostri occhi riaccadere la compagnia di Cristo che nel corso degli anni ci aveva preso e che ora si rendeva evidente nel miracolo della nostra unità. Al funerale c’erano mi- gliaia di persone, le attestazioni di af- fetto e di amicizia sono state tantis- sime, ma la cosa che più ci ha colpito è stata la presenza dei vecchi amici, quelli che se ne sono andati da tempo, e che erano lì con una nostalgia strug- gente. Tanti ancora sarebbero i fatti da raccontare: i ragazzi, alunni ed ex alunni delle scuole della Karis cui don Giancarlo aveva dedicato tanta parte della sua passione educativa, che lo hanno portato a spalla, i canti che per più di due ore hanno riecheg- giato nel piccolo cimitero dove è stato sepolto, quelle parole di una canzone che a lui era sempre piaciuta («noi siamo quelli che possono restare sul- l’orlo dellamorte in piena luce»), che lo hanno accompagnato all’uscita dalla cattedrale. Oggi possiamo solo domandare di essere veramente figli di un’esperienza incontrata e non eredi di un ricordo. Emilia, Rimini

cui è stato prete a Rimini, è stato pa- dre per migliaia di persone. Dopo il suo incontro con il movimento, è stato la circostanza dell’incontro con Cristo attraverso il carisma di Gius- sani perme come permoltissime per- sone. Quello che oggi di lui è pre- sente, più forte del dolore, della nostalgia, dei ricordi, è il rapporto con Cristo al quale ci ha introdotto e che ci ha testimoniato. La sua morte è stata una provocazione e un invito potente a fissare con più intensità gli occhi in Cristo. Questa posizione dello sguardo ci ha fatto vivere un’esperienza di unità tra noi, e anche con i suoi famigliari, che non ci sa-

«Adesso potremmo andare tutti a casa» C arissimo don Julián, ogni volta che si deve affrontare un gesto impegnativo come la Giornata d’inizio o gli Esercizi vengo pre- sa da una sorta di disagio perché l’età che avanza mi fa sentire tutta la fatica e il peso di questi raduni. Ma sempre mi ritorna alla mente la Giornata di inzio del ’93. Ero di ritorno dal Brasile dove ero stata per l’adozione di mio figlio; avevo incontrato il movimento di San Paolo e tutti mi dicevano: «Fortunata te che tornando vedrai donGius- sani». Arrivati aMilano e compiuto il lungo rito del riempimento del Palatrussardi, arriva don Giussani, si canta Discendi Santo Spirito e lui prende la parola e dice: «Adesso potremmo andare tutti a casa, per- ché il gesto c’è già tutto, è già compiuto».Allora capii che il radunarsi della Chiesa è come un sacramento e ha in sé tutta la grazia che ci ser- ve per continuare il nostro cammino. Claudia, Treviglio (Bergamo)

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PRIMO PIANO OLTRE LA POVERTÀ

A scorrere l’agenda, questo novembre si potrebbe chiamarlo “il mese della carità”. Si apre il 7 con l’Assemblea nazionale dei Banchi di Solidarietà (Milano), si chiude il 28 con la Col- letta organizzata in tutta Italia (e non solo) dal Banco Alimentare. Due realtà distinte, le- gate da una storia comune. Il Banco raccoglie da vent’anni (e per tutto l’anno, non solo nella Colletta) le cosiddette “eccedenze alimentari” da produttori, grande distribuzione e mense e le gira ad enti che assistono i poveri. I Banchi di Solidarietà sono associazioni di volon- tari che (sempre durante tutto l’anno) come “caritativa” portano regolarmente pacchi di vi- veri - provenienti in gran parte dal Banco Alimentare - a famiglie e persone bisognose. Al- l’origine, la stessa concezione di carità: non è assistenza, ma un fattore educativo e una possibilità di rapporto che spalanca al significato di tutto. Gli articoli di queste pagine do- cumentano proprio questo, raccontando l’attività dei Banchi di Solidarietà e del Banco Ali- mentare. E mostrandone la portata culturale ed economica.

Famiglie disgregate. Gente che ha perso il lavoro a cinquant’anni. Anziani rimasti soli. C’è un dato che accomuna molti dei “nuovi poveri”: la solitudine. E la domanda di un legame che riaccenda la speranza. Ma che cosa succede quando la carità arriva fino a lì? Ecco la risposta. Fatta di volti, di storie e di un’esperienza che cambia chi dà e chi riceve «Da quel gesto si è allargato tutto...»

DI P AOLO P EREGO

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OLTRE LA POVERTÀ PRIMO PIANO

E ra una sera del ’99. L’ultima, dopo dieci anni di matri- monio. La porta di casa si era aperta. E con due bam- bini per mano,Antonella se l’era chiusa alle spalle. Unmarito vio- lento, che la relegava in casa perché «devi pensare solo alla famiglia». Un presente fatto solo di quei pochi ve- stiti indossati di fretta. E un futuro fat- to di nulla. Poi la ricerca di un lavo- ro, le notti insonni passate per terra, perché a casa dei genitori non c’è spa- zio per un altro letto. I colloqui con gli assistenti sociali, gli psicologi, a ru- bare tempo e spazio ai figli... E le cose che non cambiano. Antonella è sem- pre più sola. Ma, un giorno, suona il campanello di casa. Una volontaria. «Avevo sentito parlare del Banco di Solidarietà ed ero riuscita a metter- mi in contatto», racconta Antonella. Quella ragazza ha due pacchi con sé. Pasta, riso, tonno. Lo stesso accade due settimane dopo. All’inizio gli occhi restano bassi: «Provavo disagio. E vergogna». Ma più il tempo passa, più quel campanello diventa atteso. E non tanto per il cibo. Per quel- l’amicizia che quel pacco porta con sé. È una luce, che riapre gli occhi alla speranza: «Il pacco non era più una vergogna. Mi sentivo fortunata. La mia croce, così pesante, iniziava a ri- vestirsi d’oro». Una storia difficile. Ma come tan- te, negli ultimi tempi. E tutte parla- no di una nuova povertà, di gente che per i motivi più svariati si trova da un giorno all’altro a non riuscire a tira- re la fine del mese. Una povertà che trova le sue radici proprio nella soli- tudine. E che non è necessario andare a cercare tanto lontano da ciascuno. È il vecchietto della porta accanto. La signora della scala di fronte. Il mec- canico di fiducia... Gente che non ha nulla a cui attaccarsi per ripartire. Lo ha rilevato bene il rapporto su La povertà alimentare in Italia , pub- blicato di recente dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazio-

guata, gente che esce da separazioni matrimoniali e non riesce a mante- nersi. Dove spesso non esistono le- gami di amicizia o di parentela ab- bastanza forti che possano aiutare in circostanze difficili come queste. Quando si rimane soli, in sostanza. D UEADUE , DI CASA INCASA . «Il vero in- digente alimentare non è solo quel- lo che non ha il pane», spiega Gior- gio Vittadini, presidente della Fon- dazione per la Sussidiarietà nella prefazione al rapporto: «È colui che non riesce a migliorare la propria condizione. La questione cruciale nella lotta alla povertà è l’educazio-

ne con alcuni docenti della Cattoli- ca di Milano e dell’università di Mi- lano-Bicocca. Secondo Luigi Cam- piglio e Giancarlo Rovati, curatori della ricerca, sono gli stessi numeri a spiegarlo: in Italia ci sono più di 3,5 milioni di persone (1 milione e 265mila famiglie, il 5,3%del totale dei nuclei italiani) che non possono per- mettersi un’alimentazione adeguata. Ma la grande novità si scopre an- dando a osservare le fotografie delle situazioni che questi dati raccontano: “nuovi poveri” sono quelli che per- dono il lavoro a cinquant’anni per una crisi aziendale, gli anziani che re- stano soli senza una pensione ade-

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OLTRE LA POVERTÀ PRIMO PIANO

messa in moto. Quel pacco che arri- vava in casa ogni due settimane por- tava con sé qualcosa di più impor- tante della carità di qualche anima buona. Dopo un po’ le è stato pro- posto di essere lei stessa a portare il sacchetto con gli aiuti a un’altra fa- miglia. «Mi sono sentita felice perché mi sembrava di portarlo a me». A lei ha cambiato la vita: «Ho un lavoro e a volte, grazie a Dio, faccio anche gli straordinari. Ho una macchina, una casa in affitto per me e per i miei fi- gli. È ancora faticoso, ma mi sento di rendere il dono ricevuto. Voglio che i miei figli diano un valore ad ogni cosa che possediamo e che ora che sono grandi si diano da fare anche loro. Ho deciso di rinunciare al pac- co. Ma non rinuncio alla mia amica! Così al mercoledì sera vado con lei al Banco di Solidarietà». «H O PIÙ BISOGNO IO DI LORO ». Altra storia, altra città.Madè è diVarese. Lei il pacco lo porta a una donna che vive sola con i figli. «Mi sto accorgendo che quella che ha più bisogno sono io», dice. Ma lo dice avendo nitido negli occhi ciò che ha visto bussando alla porta di quella gente la prima volta. Una casa buia, umida e senza riscal- damento, in una zona disagiata, pra- ticamente nei boschi intorno alla cit- tà. Una donna separata, disoccupata. Un figlio che spesso non andava a scuola perché non aveva i soldi per l’autobus,mentre le sue sorelle salta- vano le uscite in piscina della classe perché non avevano il costume. Al- l’inizio per Madè era solo portare il pacco, la condivisione dei loro biso- gni. Ma poi è stato naturale condivi- dere anche gli altri problemi: i vesti- ti, una casa più agevole, trovare alla mamma un lavoro. «Da quel gesto semplicissimo tutto si è allargato», spiegaMadè: «Lamia famiglia e i miei amici mi aiutano ad aiutarli. Ma an- che il mio cuore si sta allargando. È cresciuto il desiderio di sentirli e di an- darli a trovare appena è possibile. »

chetto di alimenti (il “pacco”) diret- tamente a casa loro. Gli alimenti che distribuiamo arrivano, nella maggior parte, dalla Fondazione Banco Ali- mentare che da sempre aiuta la no- stra opera». Di casa in casa, a due a due. «Per- ché è solo in un incontro umano così che uno può ripartire». Difficile spie- garlo a parole. Più facile guardare quello che succede. Come cambia la gente che riceve il pacco. E come cam- bia chi lo porta. Bisogna guardare en- trambi «perché in fondo il loro bi- sogno è lo stesso», dice ancora Fran- chi. Per scoprire che è vero basta tor- nare da Antonella. Qualcosa l’ha ri-

ne del povero a ricostruire dei lega- mi, a prendere iniziativa verso la propria condizione». «Verissimo. Alla gente che incon- triamo non basta che gli portiamo uno scatolone con del cibo». Andrea Franchi è il presidente della Federa- zione italiana dei Banchi di Solida- rietà: 154 realtà sparse in tutta Italia che sostengono 32mila famiglie in dif- ficoltà. Come? «I Bds sono gruppi di persone che decidono di educarsi alla carità cristiana attraverso un gesto di condivisione del bisogno di famiglie delle zone in cui vivono. Il gesto è semplice: ogni quindici giorni, di solito in coppia, si porta un sac-

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»

Farlomi apre una ferita,mi ricorda di ciò che è più caro nella vita che non sono né i soldi né le cose,ma uno che mi vuole bene». Accade lo stesso a Bari. Anche quel signore anziano ha bisogno di qual- cuno che gli voglia bene. Anna gli porta il pacco perché la pensione non basta. Sul suo tavolo,medicine di ogni genere. «Non so se tra due settima- ne mi troverà qui». Anna non capi- sce. Gli dice che se non lo trovasse a casa proverà a cercarlo nel quartiere, che se invece andrà ad abitare da un’altra parte potrà comunicarle l’indirizzo... Non capisce Anna, e in- siste. L’anziano tace. La abbraccia. È che vuole farla finita: è stanco di vi- vere, poi tutte quellemedicine. E nes- suno lo vamai a trovare... è solo.Anna lo rincuora. Lei tornerà a trovarlo. E lui l’abbraccia ancora. L A CAMOMILLA E IL M ISTERO . Sembra di scorrere le parole del Papa nella Ca- ritas in veritate : «Una delle più pro- fonde povertà che l’uomo può spe- rimentare è la solitudine. A ben ve-

Le foto in queste pagine, di Enrico Genovesi, sono tratte dal libro L’opera del Banco Alimentare. La carità nero su bianco , edito da Bandecchi&Vivaldi, con prefazione di Gianluigi Da Rold e presentazione di don Mauro Inzoli.

a dare speranza ad una donna che l’aveva persa. Oggi porto anche io il “pacco”. Per ringraziare Dio di esse- re venuto a prendermi a casa. E per ricordarmi chi sono». E cosa vede una persona che rice- ve un pacco da uno che “fa la carità” così? Da uno che è capace di quel- l’abbraccio? Lo racconta Miriam, che a Pesaro fa visita a una nonna che vive con la figlia e due nipotine: «Col- pisce il modo in cui facciamo la ca- ritativa: “La carità si può fare in tanti modi,ma il vostro è diverso”,mi ha detto una volta. Una sera le ho portato delle bustine sfuse di camo- milla. Il supermercato le avrebbe but- tate via, perché erano fuori dalla sca- tola. Qualche giorno dopomi ha det- to: “Ogni sera, quando giro il cuc- chiaino nella camomilla per le mie nipotine, me ne accorgo. Mi accor- go che quella camomilla è segno del Mistero”».

dere anche le altre povertà, compre- se quelle materiali, nascono dall’iso- lamento, dal non essere amati o dal- la difficoltà di amare. Le povertà spesso sono generate dal rifiuto del- l’amore di Dio». Essere amati. Solo così uno riparte. Solo attraverso un abbraccio che faccia percepire quell’«amore di Dio».Ma chi è in gra- do di abbracciare così? Franchi racconta che dopo un in- contro con un gruppo di amici di un Bds gli si avvicina una signora. «Sono la moglie di un ex terrorista. Ho vis- suto anni terribili, non uscivo più di casa. Da tempo non vedevo nessuno. Ma poi sono arrivate a bussare due donne.Avevano saputo che ero in dif- ficoltà e ogni 15 giorni mi avrebbe- ro portato un sacchetto di alimenti. Ho accettato. Poi ho iniziato a capi- re: chi aveva suonato alla porta non erano “due donne”... Era Gesù. E ogni due settimane tornava a casamia

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