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Testatina L’Amico del Popolo Cultura & Spettacoli

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L’Amico del Popolo 2 gennaio 2013 - N. 1

Questa settimana in provincia... venerdì 3 gennaio Auronzo: concerto con la partecipazione del Coretto Do Re Mi e del Coro Comelico. Chiesa Regina Pacis a Reane, ore 21. Cortina: per una «Montagna di libri», incontro con Dome- nico Quirico «Il Paese del Male». Miramonti Majestic Grand Hotel, ore 21.30. Sospirolo: «Le comete del 2013 e la Cometa dei Re Magi» con Giuseppe De Donà. Centro Civico, ore 20.30. Info: 320 3342082. sabato 4 gennaio Agordo: spettacolo teatrale «I pi bei regai no ie incartai» con la compagnia «Fon Teatro» di Rivamonte. Audi- troium, ore 20.30. Comelico Superiore: spettacolo teatrale «Il Consiglio» con la compagnia «Le Ongane de Loze». Sala polifunzio- nale a Dosoledo, ore 20.45. Falcade: concerto con l’Orchestra Dolomiti Symphonia al pianoforte Silvia Tessari. Chiesa Parrocchiale, ore 21. Forno di Zoldo: concerto di Natale del Coro Femminile Val di Zoldo. Chiesa di S. Antonio, ore 20.45. Sappada: «Note di Natale» a cura del Baritono Riccardo Ambrosi. Chiesa Santa Margherita, ore 21. Selva di Cadore: «Incantevoli Dolomiti: Storia di un pae- saggio» con Maurizio Fernetti. Rifugio Città di Fiu- me, ore 17. Info 0437 720268. domenica 5 gennaio Selva di Cadore: «Il volto nascosto delle Dolomiti» con Tommaso Forin. Dolomiti di Zoldo, Pelmo e Civet- ta un viaggio fotografico tra sentieri, cime e valli. Rifugio Città di Fiume, ore 17. Info: 0437 720268. Voltago: serata con l’alpinista Tamara Lunger. Rifugio Scarpa, ore 21. Info: 0437 67010. lunedì 6 gennaio Feltre: «Anno nuovo in concerto» con il Coro Imt Vocal Project di Thiene, i Cori parrocchiali del Duomo e Farra di Feltre, i Piccoli Cantori di Feltre e il Gruppo «Solo Voci». Duomo, ore 20.30. Lamon: «Che delizia, strega Ferdi», spettacolo di anima- zione e musica di Cristina Gianni e Davide de Bona. Teatro M. G. Gaio, ore 15. mercoledì 8 gennaio Belluno: per la stagione di prosa del Circolo Cultura e Stampa, «Ballata di uomini e cani» con Marco Pao- lini. Info: 0437 948911. venerdì 10 gennaio Belluno: Per la serie di incontri sulla Sicilia isola del mondo-Le sue coste, il suo mare i suoi gioielli arche- ologici e monumentali sulla scia del «Grand Tour», incontro sul tema: «La costa orientale». Sala Bianchi di viale Fantuzzi, ore 17.30. Sospirolo: «Girolamo Segato: naturalista, scienziato, espoloratore, disegnatore, egittologo, cartografo e antropologo», conferenza curata da Giovanni Gra- zioli. Centro Civico, ore 20.30. Info: 0437 844508.

storia dell’alpinismo 1864, l’invenzione della «corda doppia» Le intuizioni di Grohmann sommate all’esperienza di «Checo da Meleres»

Racconta il Sanmarchi nel suo bei libro dedicato alle Tre Cime di Lavaredo nel 1969 (Ed. Cai di Auronzo) che Paul Grohmann arrivò a cortina per la prima vol- ta nel 1860 in diligenza da Dobbiaco e che lungo tutto il percorso volle star seduto sempre accanto al postiglio- ne per osservare tutte le ci- me più ardite che scandiva- no ai lati della strada la sua «progressione» dolomitica. Non crediamo che sia stato il «cattivo tempo insi- stente» a fargli rimandare l’assalto a quei giganti già amati di primo acchito: in verità egli era venuto a stu- diarli, a preparare il terre- no a quella «vendemmiata» prossima ventura che la sua lungimiranza stava già per- seguendo, a conoscere gli uo- mini giusti, futuri compagni di croda. Ecco quello che contrad- distingue subito il maestro viennese da tante pur ardite guide di casa nostra: lo stu- dio scientifico della monta- gna, l’ascensione concepita come risoluzione di un pro- blema proposto, come vaglio di un’ipotesi nata a tavolino, o comunque in avanscoper- ta. E sarà proprio Francesco Lacedelli, detto «Checo da Meleres», a esplorare con lui il Sorapiss nel 1864 per indi- viduare la strada che mena alla punta (m. 3205), tanto che, a furia di saggiar la zo- na, finirà addirittura con il conquistare - piacevole in- termezzo - la Croda Marcerà (m. 3154) una volta scoperta la via per la Punta del So- rapiss, due settimane più tardi, Grohmann col Lace- delli e con A. Dimai poteva effettuare la prima scalata: era il 16 settembre 1864. I tre partirono da Cortina e, attraverso il Passo della Seletta (m.2651), puntaro- no al Pian della Foppa, da dove, in due ore, prima per mezzo di scalini nella neve e poi per roccia, giunsero al- la Forcelletta del Pian della Foppa e quindi, in un’ora e mezza, alla cima. Ma la cosa forse più inte- ressante dell’impresa (oggi la salita sarebbe giudicata di II grado) si verificò nella discesa, giacché, nel corso Una solida formazione umanistica poi, per i casi della vita, l’impegno nel mondo del credito. Ma i semi gettati durante l’adolescen- za e la prima giovinezza non si sono inariditi; han- no, piuttosto, atteso (con la pazienza che - tipicamente - connota la cultura) il mo- mento di tornare ad affiora- re. Momento che è arrivato dopo la conclusione degli impegni lavorativi. È questo punto, infatti, che Paolo Pa- oli pensa di dar corpo a un progetto che - certamente -

miti Occidentali, dove poté vantare la prima scalata sulla Punta Penia. Nel 1865 sarebbero quin- di venute le ascensioni sulla Tofana III e sul Cristallo, e poi ancora nel 1869 quel- le sui Tre Scarperi e sulla Cima Grande di Lavaredo, autentico canto del cigno della sua epica cavalcata sulle Dolomiti. Ma noi, a 150 anni dalla sua impresa sul Sorapis, vo- gliamo accomunare il nome (e la gloria) del Grohmann a quello di Francesco La- cedelli (Checo da Meleres), colui che il baffuto viennese definì «la migliore guida che potesse trovare» per forza, resistenza, prudenza, orgo- glio e coraggio, nonostante l’età ormai avanzata (era nato nel 1796). Una maniera anche que- sta per ricordare degnamen- te la guida cortinese auten- tico iniziatore - anche grazie alla lezione viennese, natu- ralmente - di un nuovo modo di intendere l’arrampicata sportiva e convinto valoriz- zatore delle immense poten- zialità dell’alpinismo locale, per troppo tempo ridotto al ruolo di mero comprimario, e per di più mercenario. «Checo» era allora famoso come cacciatore di camosci e fu consigliato al Grohmann per la sua grande conoscen- za dei monti della conca am- pezzana. Proprio il 16 settembre 1864 in cima al Sorapiss ricevette il libretto numero 1 di guida alpina delle Dolo- miti Ampezzane. Forse egli non se ne rende- va neppure conto, eppure si apriva quel giorno un nuovo affascinante capitolo, intes- suto di capacità e coraggio autoctono, con uomini fi- nalmente rispettati e valo- rizzati, e non più asserviti ai capricci e alla superbia di troppi e troppo, vanitosi clienti «foresti». Dei quali non faceva par- te il Grohmann, s’intende, giacché questi sapeva inse- gnare condividendo tutto colle sue fidate scorte: espe- rienze, gioie, fama, e, per- ché no, anche corda doppia e suoi derivati. Walter Musizza Giovanni De Donà

di essa, a notte ormai incomben- te, fu usata per la prima volta sulle Dolomiti la corda doppia. Come ben sanno tutti gli appassio- nati di montagna, la discesa a corda doppia è tuttora il mezzo più in uso per discendere una parete quan- do essa presenti diff icoltà supe- riori e si basa sul presupposto di un ancoraggio di par-

tenza affidabile. Nel corso del tem- po e coll’evolversi della tecnica alpini- stica tale sistema ha conosciuto diverse innovazioni, spes- so dettate dal genio e dalla personalità di grandi alpinisti, quali Comici, Piaz e Dulfer. In quello stesso 1864 altre scalate furono compiute dal Grohmann sul vicino Gruppo della Mar- molada, nelle Dolo-

Checo da Me- leres, classe 1796

filò ...sofando Papa Francesco e la gioia del Vangelo «La gioia evangelizzatrice brilla sempre sullo sfondo della memoria grata». Lei. Dove l’hai pescata questa bella affermazione che ha tutta l’aria di venire da un sincero credente? Lui. L’ho trovata nella recente Esortazione apostolica di papa Francesco. Lei. «Sa» di papa Francesco, in effetti. Ed è, come nel suo stile, niti- da, densa, profonda e nello stesso tempo immediata e «commossa». Lui. Diamole dunque subito l’assalto, sicuri di trovare qualche tesoro. Lei. Cominciamo allora dalla «gioia evangelizzatrice»: questa espressione vale da sola un intero discorso. Lui. Certo! È il discorso della gioia come fonte dell’evangelizzazione. Lei. Logico, del resto: come annunciare con tristezza il «vangelo», il «lieto annuncio» per eccellenza? Lui. Non c’è dubbio: senza gioia è impossibile evangelizzare. Lei. Ma come avere quella gioia che ti impone di annunciare Cristo? Lui. Come si realizza quel «brillare», tu chiedi. Lei. Proprio così. Senza un fuoco che sprigiona luce e calore non si dà quella gioia contagiosa di cui parliamo, cioè non si dà la «gioia evangelizzatrice». Lui. Il fuoco è fatto di «memoria grata», sullo sfondo della quale brilla, appunto, tale gioia. Lei. Due parole: «memoria» e «grata». Lui. La gratitudine parla di un dono ricevuto, di una bella espe- rienza vissuta come «grazia», come sorpresa bella della vita. Lei. Ricapitolando: ti capita di essere preso dentro un’onda vitale che ti eleva, la percepisci come un dono almeno in larga misura immeritato eppure nello stesso tempo tanto, tanto gradito, e vivo nella tua memoria; di qui la riconoscenza, ma non solo. Lui. Certo, non solo. Nel senso che è impossibile essere riconoscenti, senza aver voglia di «ricambiare». Lei. Nel caso nostro, di «evangelizzare». Ma - mi chiedo - potrebbe un non-papa, un non-credente, fare la stessa affermazione che stiamo commentando? Lui. Un Eugenio Scalfari, tanto per fare un esempio a caso? Sì che potrebbe: basta che nella sua esperienza abbia incontrato qualco- sa di bello e di buono da segnalare ai compartecipi del cammino umano.

giaceva da tempo nella sua dispensa dei sogni. Quello di proporre ‘l’opus magnum’ di Dante in dialetto bellunese. Attenzione: non una parte della Commedia (intento già proposto, non di rado con esiti apprezzabili, da altri) ma proprio l’intera opera. Al momento sono già stati editi l’Inferno e il Purgatorio ma, si sussurra che sia in dirit- tura d’arrivo anche il Para- diso. Dunque la Commedia resa con una lingua (e non s’intende certo riaprire l’an- nosa questione sulla liceità con la spensieratezza di chi vuole - prima e soprattutto - mettersi alla prova. An- dando alla ricerca di quelle sollecitazioni, quegli stimoli, quelle ‘visioni’ che - incon- trati negli anni della scuola - si sono piano piano sedi- mentati nell’animo; man- tenendo, però, accesa una piccola spia; un momento che, appena richiamato in superficie, ha saputo dispie- gare tutto il suo potere di coinvolgimento. Senza dub- bio, quanti hanno avuto una formazione simile a quella Quel Dante feltrino che ha rivisitato Inferno e Purgatorio in salsa Valbellunese dell’autore leggeranno que- sti due volumi (attendendo la conclusione del lavoro) con vivo piacere. Perché po- tranno certamente cogliere la passione che Paoli vi ha messo; una passione che ha reso possibile cogliere detta- gli e cammei che non sem- pre l’approccio al volgare del ‘300 consente. Ma sono opere che (in questo aiutati dalle note di ortografia e fo- netica e dall’ampio diziona- rio di vocaboli bellunesi) sa- pranno certamente attrarre anche persone di altra for- mazione. Sarà sufficiente mettersi nella disposizione d’animo di chi vuole intra- prendere un viaggio - solo apparentemente fantastico (perché non è certo un caso se lo sfondo della copertina è tratto da «Allegoria ed ef- fetti del buono Governo» di Ambrogio Lorenzetti - sa- pendo di poter contare su di una guida esperta, dispo- nibile, mai invadente come l’autore. Paolo Paoli, Inferno in Val Belluna pagg. 410; Purgato- rio in Val Belluna pagg. 391 di tale definizione) aspra, di- retta, concreta come il bellu- nese. Da intendere in senso lato, come ricorda l’autore nelle brevi note introduttive alla prima cantica. «...una mescolanza eterogenea di parlate in uso nella nostra vallata, con qualche conces- sione di più al feltrino e, spe- cialmente, al lamonese...». Un progetto vasto (la resa, con testo originale a fronte, è in endecasillabi e nella struttura di terzine a rime incatenate, proprie dell’ori- ginale dantesco), affrontato

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