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LETTERE

E PENSARE CHE ILMEGLIO DEVEANCORAVENIRE Q uest’estate è iniziata per me pensando che sarebbe stata uno schifo. Avrei lavorato la sera al bar di mio zio, perciò non sarei potuta an- dare dai miei amici, né al Meeting. In più si aggiungevano le ripetizioni e lo studio per la mia tesina. Tutto questo era sufficiente a rendere l’estate un disastro. Tornata dal campeggio, l’unica settimana di vacanza che mi era stata concessa, mi sentivo più ca- rica, pronta ad affrontare la vita e l’estate, anche se alla fine non era come l’avrei voluta. Infatti, si è di- mostrata ancora meglio di come la immaginavo. Spesso al bar venivano dei ragazzi con una visione della vita completamente diversa dallamia.Ho avutomodo di parlare con loro. Certi loro pensieri e modi di vedere le cose mi lasciavano a bocca aperta, scon- volta di fronte ad una realtà che non avrei mai voluto fare mia. Uno di loro mi ha raccontato di come fosse disperato per l’arrivo dell’inverno e della routine quotidiana, fatta di stu- dio e lavoro.Mi dice: «È appena finita

così serena, allegra, con il sorriso, an- che mentre lavori. E i motivi sono due: o sei scema o sei davvero felice. Non credo tu sia scema».Mi è venuto in mente Marco, che durante gli in- contri ci raccontava di come, sul la- voro, i suoi colleghi notassero in lui una diversità, un qualcosa in più che gli dava quell’aria felice. Finché lo raccontava lui, non riuscivo a capirlo fino in fondo. Ma poi è successo an- che a me, lo hanno notato anche in me! E a farlo è stato qualcuno che mi conosceva appena.Mi sono chiesta il perché: era per il modo in cui ho de- ciso di affrontare la vita. E allora ho pensato a quanto fossi fortunata ad avere avuto la grazia di poter vivere questa esperienza, fortunata per aver incontrato Cristo. Perciò oggi, più di ieri, capisco cosa sia importante dav- vero: attaccarsi a Lui e continuare a dare un senso a tutto ciò che accade, anche alle cose brutte. Ho portato avanti il mio cammino personale che mi ha reso ancora più consapevole di quello che sto vivendo. E sono ancora più felice pensando che il meglio deve ancora venire. Veronica, Carrara DA COSA SI INIZIA A RICOSTRUIRE C ari amici, i corpi delle vittime dell’alluvione a Messina spin- gono a chiedersi: mio Dio com’è possibile che tutto questo possa ac- cadere? Perché tanto dolore? Do- mande pesanti e difficili da soste- nere affidandosi solo alle proprie forze. Quando ciò avviene, infatti, si finisce per cedere alla tentazione di allontanare le domande scomode della vita, orientandosi verso scor- ciatoie in grado di soddisfare, nel- l’immediato, la sete di giustizia e di verità che determina il cuore. Ma i morti? Le loro famiglie? Gli sfollati? Niente, nel mainstream mediatico per loro c’è solo lo spazio di poche parole. Il cuore dell’uomo però e indomito e non si accontenta. Din-

l’estate e già non vedo l’ora che torni giugno, vabbè, mancano solo nove mesi!». Di fronte a questa frase non ho potuto fare a meno di dire: «Che tristezza!». Un altro ragazzo diceva che, per lui, il solomodo di divertirsi è bere ed ubriacarsi. Inoltre, ha degli amici a cui dice di voler bene, ma di cui non si fida: pensa che un giorno potrebbero fregarlo provandoci con la sua donna. Che brutto! Ma il vero episodio che ha cambiato il mio modo di vedere è stato un altro. Uno di loro, una sera mi dice: «Ti stimo. Non so come fai ad essere sempre

Muy chéveres , quei professori... I nsegno nella scuola primaria dell’istitutoAlessandroVolta di Bogotá in Colombia. Poche settimane fa ho chiesto di fare supplenza in pri- ma media per reincontrare i mie alunni della quinta dello scorso anno. Sono entrata ed ho cominciato a chiedere come andava. Ad un certo punto si è svolto questo dialogo. «Il professor Ballabio è molto severo». «Sì,molto, l’altro giorno ha castigato Felipe». «Sì,ma le sue lezioni sono muy chéveres (forti, belle, nel gergo dei ragazzi). «Perché?» chiedo. «Per- ché sono interessanti, avvincenti». «Sì, come quelle della professores- sa Doris». «È vero», confermanomolte voci. Io commento soltanto che mi sembra interessante che un professore possa essere severo e forte ne- llo stesso tempo. Il professor Ballabio è un insegnante italiano arriva- to da poche settimane e la professoressaDoris è un’insegnante colombiana che lavora nella scuola da molti anni. Prima non si conoscevano, ma li accomuna l’appartenenza al movimento. Sono uscita dalla classe con un senso di gratitudine e pensando: «Ma chi sei Tu o Cristo che ti ri- veli inmodo cosí discreto,ma evidente, attraverso la quotidianità di al- cune ore di lezione?». Anna, Bogotá (Colombia)

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NOVEMBRE 2009

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