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IL CROLLO DEL MURO ANNIVERSARI

D I JOHN WATERS I FATTI RISPONDONO IL VEROMURODAABBATTERE RESTADENTRODI NOI TRASPERANZEEDISILLUSIONI,DALL’INVERNO ’89 EMERGEUNFATTO: NESSUNSISTEMAPOTRÀMAI COLMARE ILDESIDERIODELL’UOMO

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cristiani convinti, altri non lo sono affatto - si legge inuna lettera di un fre- quentatore dellaNikolaikirche di Lip- sia -. Ci siamo intrufolati per parteci- pare alle preghiere della pace: speria- mo che anche altri comincino a criti- care lo Stato e la società.Compatiamo coloro che credono di poter ancora cambiarequalcosa inquestoPaese e ab- biamo inmente solo una cosa: via, via, via!». Ai picchiatori della Stasi e della polizia del popolo, i cristiani rispose- ro con la non violenza. E lo fecero con tanto fervore che, alla fine, anche il po- tere rinunciò alla brutalità. Preziosa fu la controrivoluzione delle candele, partita dalla Nikolaikirche al grido: «Noi siamo il popolo». T RA PIETRE E CANDELE . Naturalmente, nei Paesi dell’ex blocco c’erano mol- ti oppositori non cristiani, che aspi- ravano a mutamenti politici ri- schiando di persona.Ma alla base del motore che innescò “ die Wende ”, la svolta, c’erano cristiani di diverse confessioni. Senza questa spinta, il crollo delle dittature sarebbe stato molto più cruento: i cristiani hanno insegnato ai manifestanti a utilizzare le candele invece delle pietre. Il polacco Karol Wojtyła, che da giovane aveva assistito ai crimini com- messi dal nazismo - Auschwitz si tro- va proprionella diocesi di Cracovia da lui guidata - nonha intrapresouna cro- ciata contro il comunismo. Ha solo esortato ad un pensiero controrivolu- zionario, sollevando il popolo in gi- nocchio. La comparsa simultanea di Gorbaciov eWojtyła sul palcoscenico della Storia, a distanza di vent’anni ap- pare ancora come un miracolo. Il Papa polacco ha aperto la strada alla fine del comunismo e il Segretario ge- nerale del Partitohapermesso che que- sto accadesse.

S ul Muro di Berlino, il filosofo Jean Baudrillard ha posto una do- manda un po’ inquietante: è crollato verso l’interno o verso l’esterno?A suo parere «il Muro non è crollato verso l’esterno come segno di apertura e li- bertà, ma verso l’interno, come segno di disintegrazione e di uno smantel- lamento violento, ma privo di conse- guenze liberatorie». La teoria si rifà a una sua analisi più ampia, secondo cui la capacità dei mass media di sviscerare ogni even- to nel momento in cui accade ha congelato la storia nel suo corso. La continuità dell’informazione istantanea ha pressoché rimosso l’elemento tem-

capace di rifiutarla. A vent’anni di distanza anch’io vor- rei festeggiare, sentire di nuovo la bel- lezza e lamaestà di quegli eventi epo- cali dell’inverno ‘89 che, per me, han- no segnato l’inizio di una grande av- ventura di riflessione e di vita. Subito dopo la Rivoluzione di velluto, andai a Praga per scrivere delle prime elezio- ni libere. Mi immersi negli scritti dei grandi romanzieri e drammaturghi cechi, e naturalmente nei profondi saggi del nuovo presidente della Ce- coslovacchia, Václav Havel. Be’, negli scritti di Havel ho incontrato qualcosa che non è molto lontano da ciò che suggerisce Baudrillard. Anni

porale, mediante il quale la storia era solita risolvere le questioni nel loro svolger- si. Non c’è più un passato, un presente e un futuro in cui il significato possa sve- larsi. Così le conseguenze del crollo del comunismo sono state più simili a un di- sgelo che a una reale libe-

prima del crollo del comu- nismo, Havel scriveva che l’ideologia socialista del- l’Est era semplicemente un’immagine del capitali- smo occidentale riflessa in uno specchio convesso; una versione leggermente esagerata di qualcosa che è legato fondamentalmente

«Se il senso della storia non si svela, si ha un disgelo e non una reale liberazione»

razione. L’iper-consapevolezza della gente dell’Est di ciò di cui erano stati “privati” non è sfociata in una eru- zione spontanea di libertà, ma in una parodia, un livellamento, un riciclag- gio della storia, un ripercorrere al contrario la cultura occidentale del XX secolo (tra l’altro, quando ho letto que- ste parole, mi sono reso conto che spiegano perché i Paesi dell’Est ab- biano acquistato una posizione così dominante nell’ambito del Festival del- la canzone europea: ripercorrendo a velocità doppia la storia culturale da cui erano stati isolati, essi finiscono per produrre risultati più raffinati e brillanti, per i quali manifestano un entusiasmo più intenso di quello che i creatori oc- cidentali di musica pop possono at- tualmente raccogliere...). Quella di Baudrillard è una teoria strana e stimolante, che mi trova re- stio ad accettarla, e al tempo stesso in-

alla perversione del desiderio umano. In effetti, gli ultimi 18mesi hanno as- sistito all’implosione di ciò che si po- trebbe chiamare “il Muro di Berlino dell’economia di mercato”: quei si- stemi, di cui avevamo proclamato la “vittoria finale” due decenni fa, hanno incominciato essi stessi a sbriciolarsi. Così i miei festeggiamenti di que- st’inverno saranno sì nostalgici e gio- iosi, ma cercheranno anche di ricordare più profondamente che, nonostante il desiderio umano di libertà sia sconfi- nato e instancabile, esso non può es- sere soddisfatto semplicemente ro- vesciando un sistema e approdando a un altro. Possiamo abbattere i muri per venire incontro alle domande insistenti del- le nostre più profonde aspirazioni, ma la risposta che cerchiamo non la troveremo per forza nelle idee di libertà che si trovano dall’altra parte...

* corrispondente del canale ZDF e autore del volume Urbi et Gorbi. Il testo integrale del- l’articolo è pubblicato su Tracce.it

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NOVEMBRE 2009

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