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NEL CARCERE DI PADOVA UNA GIORNATA...

A lle 7,30 il carrello della cola- zione inizia il suo tragitto. Si ferma davanti a ogni cella: le porte si apronoe finita la con- segna si richiudono. Dalle celle esce il profumo del caffè che qualche detenuto si è già fatto sul suo fornellino. Inizia la giornata al Due Pa- lazzi, il carcere dimassima sicurezza di Padova: 800 detenuti, dieci sezioni co- muni, due di alta sicurezza,due di pro- tetti, coloro che non possono entrare in contatto congli altri detenuti.Prima delle otto alcune celle si riaprono per i carcerati - un centinaio - che svolgono attività lavorative o studianoe che si di- rigono ai padiglioni e al polo univer- sitario. Gli altri aspettano l’ora d’aria, poi il pranzo, se è giornata di colloqui l’incontro con i familiari o l’avvocato, e poi ancora l’ora d’aria, la cena…Tut- to uguale, tutto che si ripete. Nel cor- ridoio della V sezione, Marino e Sal- vatore si incontrano. «Mi ha colpito quello che hai detto sabato.Del tuo er- rore, del dolore». «Anche tu, quando raccontavi delle tue figlie.Mi sembra- va di essere in famiglia.Dopo, se c’è un attimodi pausa al call center, ne ripar- liamo». Non è per tutti uguale il tem- po che trascorre qua dentro. Da un anno, per alcuni si è insinuata una no- vità, un semedi vitanuova cheha cam- biato la quotidianità.Anche per chi sul fascicolo ha la scritta: fine pena mai. Me ne accorgoquando li incontro in mattinatanelle cucine,inpasticceria,nei padiglioni, tutte realtà lavorative gesti- te dalla cooperativa Giotto, che da quasi vent’anni operaall’internodel car- cere di Padova (cfr. Tracce , n. 1/ 2006). Tutto era partito da lì: dal lavoro come possibilità per far rinascere la speran- za inunambientedovenonsi dovrebbe averne più di speranza. «Nessun assi- stenzialismo buonista.Qui devono la- vorare sul serio come in qualsiasi altro postodi lavoro.Nonguardiamo al rea- to commesso,ma alla persona.Questo ridà fiducia e dignità.Non è sempre fa- cile, ma la scommessa è su questo punto», mi aveva spiegato tre anni fa,

fare. Passato l’entusiasmodi chi, come lui ad esempio, è stato al Meeting e ha vistouna cosa nuova, inaspettata, e ri- torna fraquestequattromuradove tut- to sembra negare la bellezza vista, è ne- cessario decidere che anche qui è pos- sibile vivere la stessa esperienza.Ci vuo- le pazienza e i tempi non sononostri», mi diceRobertoFabbris cheda anni so- vrintende il lavoro in cucina. Nulla è scontato,nemmenoper chi da fuori vie- ne qui a lavorare. Intanto, dal fondo, qualcunomi chiama. «Queste le sto fa- cendoper te.Ci vediamodopo».ÈGio- vanni. Con le mani mi mostra le ta- gliatelle che escono dall’impastatrice. In pasticceria è iniziata la lavorazio- ne dei panettoni natalizi, oltre alla normaleproduzionedi dolci per alcune

la prima volta che avevo messo piede incarcere,NicolaBoscoletto,allorapre- sidente della cooperativa socialeGiot- to e oggi presidente del consorzio so- ciale Rebus. Due anni dopo c’era sta- ta lamostra sulle carceri alMeeting; al- cuni dei detenuti, insieme agli agenti di poliziapenitenziaria,eranoandati a fare da guida.C’eravamo reincontrati.Era- no entusiasti. Anche quest’anno in unadecina sono tornati,qualcunoè ve- nuto per la prima volta. Tanti avveni- menti. Tanti tasselli di un mosaico che si costruisce giorno per giorno. In cucina rivedoDavide, giovanena- poletano: sta in disparte, sembra non riconoscermi eppure mi aveva rac- contato di sé, della famiglia. «Ognuno di loro ha il suo percorso personale da

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NOVEMBRE 2009

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