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VITA DI CL

POLONIA

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Cracovia. Con lui ci sono Zofia, Anna,Stanislaw,Jacek...gli amici di que- sta comunità di una trentina di perso- ne, quasi tutti adulti. Il Clu coincide col voltodi Stanislaw, al quintoannodi in- gegneria delle telecomunicazioni.Oggi è venerdì, e inPolonia simangiadima- gro. Don Józef nella fretta se ne di- mentica e ordina la carne. Poi mentre mangia sorride: il polloèduro.«Saràper penitenza». Racconta che don Francesco Ricci, tra i primi amici di donGiussani a se- guire in Polonia la vita della Chiesa, della cultura, e poi del nascente mo- vimento, ripeteva sempre: «Una tra- dizione che non è cosciente delle sue origini non vive».Chiedeva a quei gio- vani polacchi appena incontrati di an- dare in profondità.Di conoscere quel- la tradizione che dall’unità con la vita e dalla forza ideale ha partorito la libertà. Che ha permesso la testimo- nianza luminosa di Solidarno ść . «Oc- corre conoscere, essere coscienti. Per- ché è difficile amare quello che non si conosce», dice don Józef. Lui l’ha imparato sulla sua pelle.Al decimo anno di sacerdozio. Vide come in uno squarcio che lo stato del- la sua fede «non era sufficiente ad af- frontare la vita». Il suo impegno tra la gente non dava frutti e lui andava in crisi. Pensava: o mi impegno male, o quello che propongo non è una ri- sposta. «Ero frustrato. Poi, l’incontro conCristo attraverso ilmovimentomi ha salvato la vita perché me l’ha fatta comprendere.Mi accorsi che ilmio vi- vere era ideologico». Dice che chi non è contentodella propria vita è per- ché non la capisce. «Per questo dila- ga il cinismo in Polonia». L A TRISTEZZA DEL P APA . I dati delle cronache dicono che non ci sonomai stati così tanti suicidi tra i giovani come in questi anni. «Ora che c’è la li- bertà...», abbozza Zofia. A don Józef sembra di essere negli anni Cinquan- ta in Italia. Quando Giussani in treno incontrava i ragazzi e li vedeva lonta-

Al centro, il pellegrinaggio a Cz stochowa nel 1991. A destra: sopra, un momento di gioco a Swidnica, nel 1988; sotto, la vacanza a Zakopane della comunità polacca nel 2003. ´

Anna e se l’è sposata.Lei aveva 18 anni, oramangia con inbraccioMaria, la fi- glia più piccola. «Io e i miei amici era- vamo cattolici,ma quello che colpì tut- ti noi era l’unità di questi ragazzi ita- liani». Sembravano amici d’infanzia e invece si erano conosciuti venendo in Polonia. A tavola i bambini ascoltano lamamma che racconta delmatrimo- nio con Luigi, di come lo ha visto cre- scere nella fede mentre cresceva la fa- miglia, e di come l’ha visto andarsene nel girodi dieci giorni quando imedici gli avevano dato due anni di vita. «Da quelmomento, tutto quel chemi è ac- caduto intorno lo ha fatto la comuni- tà. Lo ha fatto Dio». I turni di notte e di giorno, il cibo, «tutto ciò di cui ave- vamo bisogno ce l’hanno offerto. E in quel tutto,ho visto che non sono sola». Don Józef fissa di nuovo lo sguardo sui piccoli.«Ilmondovi spinge verso il nul-

ni dalla fede. «Oggi da noi c’è confu- sione rispetto alle ragioni dell’esisten- za. Il fattoè chenon si vive senza la fede. E ioprovo compassione per chi non ce l’ha». Poi si ferma: «Stai attento che io non debba avere compassione di te, Francesco!». Alza lo sguardo e la voce suun ragazzetto all’altro capodella ta- vola, paternamente. Francesco ha di- ciotto anni. Lui e gli altri ragazzi qui a cena sono «i figli della Chiesa», scher- za don Józef.Ma lo sono letteralmen- te. Nati dagli incontri con i primi ita- liani delmovimento venuti inPolonia per una tramadi rapporti.Figli dei pel- legrinaggi a Cz ę stochowa o della co- struzione delle chiese. I loro genitori si sono incontrati così. Come Luigi, pa- dre di Francesco, piombato da Roma per dareunamanonel tirare su la chie- sa di Santa Edvige aCracovia, insieme ad altri universitari. Lì ha conosciuto

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NOVEMBRE 2009

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