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MOVIMENTO

«Q uando, andando via, il suo sguardo ci ha sfiorati, ci ha scrollato di dosso la stanchezza, la no- stra miseria e piccolezza. Attraverso i suoi occhi Cristo ci ha sorriso». Sono par- titi in 200 per incontrare Benedetto XVI, all’udienza del 30 settembre scorso. Le famiglie e le persone che condividono l’esperienza della Mirabilia Dei (la coo- perativa sociale che opera in Lombardia e in Puglia con sei case d’accoglienza per disabili, un Servizio formativo alle au- tonomie e un Cse) si sonomessi in viag- gio da Malnate, Bresso, Matino... Tre giorni di sveglie all’alba, il lungo viaggio e le ore di attesa sotto il sole sul sagrato di San Pietro. «Lo stare davan- ti al Papa», racconta Lorenzo Crosta, re- sponsabile della cooperativa, «ci ha sa- nato il cuore». Come la donnamalata di emorragia che nel Vangelo di Luca aspetta il passaggio di Gesù sul ciglio della strada tra la folla. «È certa che se toccherà il Suo mantello sarà guarita. Gesù si volta a guardarla e le dice che la sua fede l’ha salvata. O questa è una fa- vola o è l’unica speranza per l’uomo. Per noi è stato vero». Lorenzo aveva chiesto tante volte l’udienza. «Il Santo Padre è il vicario di Cristo. Noi andiamo da lui come mendicanti», ha detto la sera pri- ma dell’incontro col Papa. Che al- l’udienza ha raccontato («con semplici- tà, come farebbe un padre») il suo ulti- mo viaggio in Repubblica Ceca. «Ci ha anche detto che verità e libertà coinci- dono. La verità non è un pensiero, ma una Presenza». Quando poi è passato di fronte alle famiglie della Mirabilia Dei, «tutti abbiamo gridato che gli vogliamo bene», raccontaGiulio, che è accolto nel- la comunità familiare diTriuggio. «Non è stata una reazione sentimentale», dice Lorenzo, «ma la potenza di Dio che ci ha meravigliati». Alessandra Stoppa MIRABILIA DEI Il Papa e lo sguardo che sana il cuore

a vedere il veromotivo per cui avrei do- vuto perdere tempo per delle elezioni. In quegli stessi giorni, mi capita di passare un pomeriggio intero a studiare biologia: materia tralasciata durante l’estate, ma oggetto d’interrogazioni a tappeto... La mattina dopo entro in classe, distrutto dalla maratona biolo- gica, e scopro clamorosamente che il professore non avrebbe interrogato. Un fatto banale, ma che per me è stato de- cisivo: mi sono chiesto «perché vado a scuola? Solo per il voto?». Lamia domanda ha preso consisten- za all’invito di unmio amico, Paolo (an- che lui candidato alla Consulta) di tro- varci a parlare con un ex-candidato, Luca. Davanti a un buon salame nostrano e a un po’ di birra, sono rimasto impres- sionato dalla contentezza di Luca per aver partecipato alla Consulta e dal suo modo di andare a scuola. Parlandone poi con Paolo e con altri amici ho capito che non bastava accontentarsi di rimanere colpiti dall’esperienza di Luca, ma biso- gnava proporsi. È l’unico modo per sa- per se ne vale la pena. Allora ho inizia- to la campagna elettorale (con lamitica lista“LISTAvate aspettando”), dedican- dovi molto tempo e... vincendo. Duran- te le elezioni, però, le interrogazioni continuavano e la domanda rimaneva, ma lo spirito è cambiato: avevo, e ho tut- tora, un diversomodo di alzarmi lamat- tina e andare a scuola, perché ora è un luogo di sfida da cui ricavare qualcosa che possa servirmi. Mettendomi seria- mente in gioco in un aspetto della scuo- la ho trovato la risposta. Ho visto che si capisce il senso delle cose solo stando- ci fino in fondo. E ne vale la pena. Matteo, Brescia Erano 5, ora sono 50. Ma è lo stupore degli altri a svelare che cosa li unisce E ravamo intorno a un tavolo della mensa dove, per abitudine, ci se- diamo sempre a mangiare, quando uno dei nostri prof viene a dirci che lui

e altri colleghi hanno passato tutto il tempo del pranzo a guardarci, stupiti del fatto che ci vedono sempre più nume- rosi. La sorpresa del prof e la presenza di volti ogni volta nuovi nell’incontro del raggio ci obbligano a dare le ragioni per cui noi seguiamo questa esperienza. Dall’inizio dell’anno, alcuni di noi si sono accorti che qualcosa è cambiato: l’affrontare le lezioni e il rapporto con gli altri compagni non è più come prima. Le esperienze fatte, i volti in- contrati negli ultimi mesi, hanno ac- ceso in noi la voglia di non mollare quel che abbiamo toccato que- st’estate. La cosa più affascinante è che con alcuni compagni iniziamo a passare tutti gli intervalli a raccontarci come va. Siamo diventati amici. E non amici di corridoio che si salutano con il solito “bella...”, ma amici di scuola, compagni di scuola. Come con D., ormai nostro amico: paragonando la sua storia con quello che sta succe- dendo tra noi, si è accorto che quelli di prima non erano amici, non lo aiuta- vano a essere felice («Io spacciavo: ora voglio sostituire i clienti, quelli che fre- quentavo, con veri amici»). Una sera siamo andati a cena con al- cuni amici. E lì D. è intervenuto, com- muovendosi: «Nonmi sonomai sentito così bene, qui c’è qualcosa di diverso». Cosa c’è di così diverso, di così miste- rioso, che fa dire a un ragazzo con una storia come la sua una cosa del ge- nere? Qualcosa è cambiato in noi: l’in- contro con dei volti umani, con ragazzi che hanno uno sguardo aperto al mi- stero della realtà che permette loro di gustarsi tutto. In un ambiente come quello in cui siamo, dove domina l’apparente ribel- lione ma, in fondo, la deprimente ras- segnazione, eravamo in cinque e ora siamo quasi cinquanta. Con la consa- pevolezza che è quel “qualcosa di di- verso e di misterioso” che ci unisce. Simone e Lorenzo, Corsico (Milano)

Nairobi Assemblea dei responsabili del movimento in Africa, con don Julián Carrón (fino al 15).

Bruxelles Presentazione dell’edizione francese di Si può vivere così?, di Luigi Giussani.

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