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MA È LA CHIESA CHE HA ABBANDONATO L’ARTE... APPUNTAMENTI

vive sono state sostenute attraverso una sottoscrizione tra i fedeli della cit- tà. Le sue vetrate hanno suscitato pe- santi polemiche: Richter, infatti, ha scelto di inseguire l’effetto ottico dato dalle grandi realizzazioni goti- che, ma con degli immensi montag- gi di piccoli quadrati, come fossero pi- xel . In sostanza, è sparita l’immagi- ne ma ne è rimasta l’eco nella sug- gestione dei colori. Con questa scelta Richter tocca il tema chiave del rapporto tra arte e Chiesa: il tema drammatico dell’im- potenza a esprimere in immagini, co- m’è accaduto per tanti secoli, il con- tenuto dell’esperienza cristiana. L’ar- tista oggi, per la storia e la coscienza che lo contrassegna, può restituirne un’eco, ma senza arrivare a coglier- ne il cuore. Del resto non è che nel 900 siaman- cata nell’arte una forte propensione religiosa: è mancato il rapporto tra quest’arte e la Chiesa. Perciò la que- stione posta da Kounellis, della rivo- luzione introdotta dall’Incarnazione, resta il vero orizzonte della sfida, al- l’interno della quale si possono mo- dulare tantissime esperienze tese a dar corpo e immagine a un desiderio, a un’attesa, a un grido. L’importante da parte cattolica è non accontentarsi di scorciatoie, che si traducono in pura oleografia. E accettare la sfida dei nuo- vi linguaggi, nella consapevolezza che nulla di ciò che la realtà offre è aprioristicamente nemico. Da parte degli artisti l’importante è non chiu- dersi nell’orizzonte di ricerche sem- pre più sofisticate e autoreferenziali, o, peggio, rifugiarsi nella provocazione compiacente e compiaciuta. O RIZZONTI IMPREVISTI . Del resto la real- tà, se liberata dagli schemi dei pre- giudizi, scopre orizzonti imprevisti e sorprendenti. Sentite cosa scrive Da- mien Hirst, il più chiacchierato e “blasfemo” artista di oggi: «È la vita, Gordon ( il suo intervistatore ; ndr): alla fine si arriva a Dio. Ho sempre pen-

Jannis Kounellis, Installazione nella chiesa di San Lupo , Bergamo: una grande croce di ferro inclinata, a suggerire una salita al Calvario, e per terra una serie di cappotti, scarpe e cappelli a indicare gli uomini sepolti sotto il pavimento della chiesa.

«Si può dire anche che l'arte abbia bisogno della Chiesa? L’artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il suo tormento è di riuscire ad esprimere il mondo dell’ineffabile. Come non vedere allora quale grande sorgente di ispirazione possa essere per lui quella sorta di patria dell’anima che è la religione? Non è forse nell’ambito religioso che si pongono le domande personali più importanti e si cercano le risposte esistenziali definitive?» (Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 4 aprile 1999)

provviso ho capito che il modo in cui credo nell’arte è simile al credere in Dio, che hodifficoltà a credere nell’arte senza credere inDio» (DamienHirst, Manuale per giovani artisti , 2004). Come dicevaDante, «l’arte che aDio è nepote»: uno status che per intere sta- gioni dell’uomo può restare oblitera- to, ma che prima o poi torna poten- temente a riaffiorare, come coscienza e come balbettante espressione.Che sia questo quel momento?

sato che l’arte, Dio e l’amore abbiano un legame molto forte. Ti ho già det- to che non credo in Dio. Però all’im-

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T .it APPROFONDIMENTI

Omelia di Paolo VI alla Messa degli artisti nella Cappella Sistina, Roma, 7 maggio 1964. Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti, 4 aprile 1999.

NOVEMBRE 2009 97

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