I BONACOSSA

quanto riguarda le farfalle morte dette “parpaglioni”, devono essere gettate sempre giornalmente oltre un miglio fuori dalle Porte della città. Divieto assoluto di tenerle in casa, dove la putrefazione poteva procurare infezioni e gravi malattie. La città aveva un’atmosfera maleodorante per questo ci furono molte lamentele, al punto che il Tribunale della Sanità nell’agosto del 1757 emanò un ulteriore Ordinanza ribadendo quella precedente. Ecco il testo originale:

Siccome non ostante le provvidenze ed ordini di già emanati ad oggetto di togliere in questa Città, massime ne’ presentati i tempi di maceri, ogni motivo di cagionare con una insoffribile puzza e fetori, anche putridi vapori, soliti rendere l’aria infetta con pregiudizio della corporale salute, si è veduto che, scorrevoli alcuni de giusti suoi doveri ed anche della propria sanità, si fanno lecito di far macerare le gallette appena fuori dalle Porte della città e, quel che è peggio, anche nelle proprie case, cosa che cagiona un tanto fetore e si putridi vapori che senz’alcun dubbio potrebbe essere motivo di conseguenze gravi.

Nei mesi estivi dove la lavorazione era ancora più intensa sia per il caldo che agevolava lo sviluppo dei bachi e per le ore di luce, aumentava di conseguenza l’aria maleodorante e i rischi d’infezione e di malattie gravi.

La Trattura (cavar la seta dai bozzoli) La lavorazione avveniva con il tradizionale fornello a legna collegato all’aspo per l’avvolgimento, nella versione Lombardo o Piemontese, che si differenziavano soltanto per il numero di fili convogliati. Per questa attività prevalentemente sedentaria e stagionale veniva impiegata una forza lavoro proveniente dalle campagne da tutto il contado della Lomellina, almeno per

quanto riguarda la prima fase ovvero la trattura. Per le successive la torcitura in particolare e la filatura, il lavoro veniva eseguito in loco, (Dai mercanti) con torcitoi itineranti e filati anche da lavoranti esterni che riportavano il prodotto finito. La lavorante immergeva i bozzoli nella bacinella d’acqua mantenuta calda (50/60 gradi) da un fornello a legna. L’acqua calda scioglieva in parte la sericina (sostanza collosa della bava del baco) e cercava il capo-filo avvolgendolo in un aspo che azionava per avvolgere il filo di seta e quelli successivi fino a formare una matassa di seta greggia (ovvero non lavorata). Un filo di seta tratta (continua, non interrotta ricavata da bozzoli perfetti), può raggiungere la lunghezza di un chilometro ed una resistenza pari all’acciaio nonostante lo spessore di 20 micron.

Made with FlippingBook Learn more on our blog