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L’Amico del Popolo 2 GeNNAIO 2014 - N. 1

SAN DONATO DI LAMON - La Santa Messa con il Vescovo domenica 29 dicembre Tra gli emigranti un Venerabile Padre Romano Donato Bottegal era nato a San Donato il 28 dicembre 1921

Epifania del Signore La sorgente che disseta «Portarono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,1-12)

Gli ultimi angeli - gli an- geli ragazzini e più curiosi - s’erano attardati sopra la capanna santa, i pastori stavano ritornando al greg- ge e Maria, insieme a Giu- seppe, rievocava il testo del «terzo» Isaia, che avevano sentito spiegare nella sina- goga di Nazareth: «Alzati, rivestiti di luce, perché vie- ne la tua luce…»: Sapran- no poi dai Magi che in quei giorni Gerusalemme sem- brava addormentata, in- differente di fronte alle lo- ro domande e niente affatto interessata dalle parole del profeta che aveva procla- mato: «Verranno a te i beni dei popoli, uno stuolo di cammelli ti invaderà, dro- medari di Madian e di Efa, tutti verranno portando oro e incenso e proclameranno le glorie del Signore». Umili com’erano e abi- tuati a sentirsi semplici popolani, non potevano immaginare che quelle parole si riferissero al pic- colino che essi stavano coc- colando. Quindi fu grande sorpresa quando i sapienti dell’oriente sostarono da- vanti alla loro casetta e accompagnarono con doni la gioia rispettosa nell’ave- re potuto baciare le manine del piccolo. I magi intravvidero il mistero quando l’angelo li invitò a ritornare in patria seguendo un diverso itine- rario. E forse capirono con stupore che il profeta si ri- feriva a loro per un espan- dersi inaspettato della luce che proveniva dalla fami- gliola che avevano miraco- losamente conosciuto. Ma giunti in patria dovettero anche constatare quello che aveva previsto il profe- ta: «Le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni…». Perché la tradizione, non sappiamo quanto davvero fondata, riferisce che molti dei loro colleghi accolsero con so- spetto il racconto; qualcu- no di essi venne addirittura perseguitato. Noi constatiamo che la storia continua e si ripete: è sufficiente occhieggiare nelle vetrine dei negozi, ve- dere come viene consumata la tredicesima e leggere la lista dei cenoni offerta dai ristoranti. Ma non voglia- mo guardare solo con l’oc- chio sinistro, perché tanti nuovi credenti accorrono e portano i loro doni per chi soffre, come avevano fatto i pastori di Betlemme. Per noi i giorni del Natale so- no tempo privilegiato di fraternità. eclissi a betlemme Correva l’anno 1747 e i francescani, da sempre custodi dei Luoghi Santi, avevano collocato una stel- la d’argento nel santuario della natività, nel posto dove si riteneva fosse collo- cata la santa mangiatoia, ma nel 1847 gli ortodossi la sottrassero e furono ne-

cessarie lunghe e pazienti trattative per riottenere la santa stella che ora i pelle- grini possono ancora vene- rare. Meschinerie, noi dicia- mo, ma il santo Bambino aveva già previsto tutto, gli eroismi come la penombra, perché sapeva di essere sce- so in un mondo intessuto di santità e di peccato e ave- va voluto sorridere a tutti, cominciando dai pastori che erano guardati con dif- fidenza dai «cittadini» di Betlemme. Egli poi sapeva cose ben più sconcertanti: la condot- ta scandalosa di vescovi e di papi del basso Medioevo, la lacerazione della Chiesa in più tronconi nemici, le in- terminabili guerre di reli- gione, fino al nostro mondo pagano che adora il dio-de- naro e il godere insaziabile. PRoFEZIE RISCOPERTE Stefano Bellan era un gio- vane di Casale Monferrato, che morì a 19 anni per una forma rarissima di tumo- re. In parrocchia animava l’oratorio e i canti. A Lou- rdes, dov’era in pellegrinag- gio insieme al padre, volle fare per due volte il bagno nell’acqua della piscina, e mentre lo rivestivano, disse: «Ora mi sento purificato». Gli amici e il medico era- no commossi e al papà che spingeva la carrozzella, disse sorridendo: «Papà ho in me tanta sofferenza, ma tanta gioia». A don Stefano, che accompagnava il pelle- grinaggio, disse: «Don, se guarisco voglio diventare un sacerdote». Si avvicina- va l’ora della partenza. Ave- va detto al papà: «La salute è cosa molto importante, ma per me c’è prima Dio. E io ci credo!». Poco prima della partenza vide un mendican- te. Fece fermare: «Digli che lo benedico e che voglio la sua benedizione». La sua biografia è narrata in un volumetto edito a Casale Monferrato nel 2009. Una storia tale, insieme a tante altre simili, fa con- statare che san Paolo aveva ragione quando parlava del «progetto segreto di Dio» che ai suoi giorni «è stato rive- lato ai santi apostoli e pro- feti di Dio», come si rivela in mille storie di fede e di amore dei nostri giorni. Ne aveva parlato anche il profeta Zaccaria, poco dopo la fine dell’esilio: «Dice il Si- gnore degli eserciti: «Anche popoli e abitanti di nume- rose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro: Su, andiamo a supplicare il Si- gnore». C’è subito dopo, qualco- sa di drammatico: «In quei giorni, dieci uomini di tut- te le lingue delle genti, af- ferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: Vogliamo venire con voi, perché abbiamo compreso che Dio è con voi» (8,20-22.23)». Venisse per tutti noi un’Epifania così missionaria! Giona

Lo striscione che dà il ben- venuto all’ingresso del pae- se, la foto di padre Romano che campeggia sulla parete della chiesa parrocchiale, il rinfresco dopo la Messa: la piccolissima parrocchia di San Donato di Lamon ha dato il meglio di sé dome- nica scorsa per accogliere il Vescovo che ha celebrato, in una chiesa piccola ma gre- mita, la Santa Messa con il Te Deum per padre Romano Bottegal, dichiarato vene- rabile dal Papa lo scorso 9 dicembre. «Nel 1946, quando don Ro- mano Bottegal, appena ordi- nato sacerdote, celebrò qui la prima Messa, San Dona- to aveva 900 abitanti. Come molti altri, padre Romano, che aveva qui radici robu- ste, mise le ali per andar- sene: ma ali straordinarie, che lo portarono a Roma e in Terrasanta; infine, come eremita in Libano» ha detto monsignor Andrich. Ha ri- cordato i rapporti con altre figure bellunesi in odore di

santità, cioè il Servo di Dio Albino Luciani e monsignor Antonio Slongo, oltre al be- ato Luigi Novarese, la cui santità è già stata ricono- le vocazioni, per i paesi di montagna afflitti dallo spo- polamento, per la solida- rietà con il Medio Oriente cristiano. G.B. SAN DONATO DI LAMON - Monsignor Giuseppe Andrich ha presieduto la Santa Messa. Suor Cecilia Zaffi: Un gigante con il cuore di fanciullo sciuta. Alla attenzione dei presenti, cogliendo sugge- stioni presenti nella vita di padre Romano, il Vescovo ha affidato la preghiera per

dell’uomo è nella comunione con Dio e con gli altri, tant’è che ci si personifica, si dà consistenza alla propria re- altà personale, nel rapporto con Lui, nella fede e nella preghiera, amando (cfr. No- te; ricordiamo le parole di san Paolo: «se non avessi la carità, non sono nulla» [cfr. 1 Cor 13,2]). Ebbene, riconoscere pa- dre Romano come Vene- rabile vuol dire un invito a scoprire la sua identità comunionale e la sua spi- ritualità profonda, misti- ca. Inoltre segna un passo avanti nel percorso verso la beatificazione che richiede anche l’accertamento di un miracolo operato da Dio per intercessione dell’eremita lamonese. Maria Cecilia Zaffi

MONTELOVESCO (Pg) - Suor Maria Cecilia Zaffi, autrice di uno studio su padre Romano, vive nell’eremo di Santa Maria nel Silenzio, in diocesi di Gubbio, dedicato all’eremita lamonese .

Con tutta la Chiesa e con tutti i monaci in particolare, anche noi, monache di santa Maria nel Silenzio (Monte- lovesco - Pg), abbiamo rice- vuto con gioia immensa la notizia che padre Romano Bottegal è divenuto «Vene- rabile» il 9 dicembre 2013, quando Papa Francesco ha autorizzato la Congregazio- ne delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sulle «virtù eroiche» del Servo di Dio. uno stile di vita non autentico ma eroico Difatti, questa tappa si- gnifica che la vita di padre Romano è stata quella di una persona esemplare cri- stianamente parlando, che il suo modo di praticare il Vangelo è stato non solo au- tentico ma eroico, in quanto ha espresso una forza so- prannaturale che veniva da Dio e dalla sua grazia. Se ci accostiamo alla vita di fede, all’esperienza perso- nale e spirituale del Nostro monaco, rif lessa nei suoi Scritti e soprattutto nelle Note, ci troviamo dinanzi ad un gigante con cuore di

fanciullo: eccezionale e dif- ficilmente imitabile nella rinuncia e nel distacco, però piccolo, umilissimo, sempre colmo di fiducia e di delica- tezza, e con un grande amo- re per la Chiesa, che è la sua esistenza (cfr. Note). Per lui, «l’unione con Dio e con i fratelli» - si potrebbe dire l’essenza comunionale della Chiesa - è la «prima ed ultima intenzione divina», l’«ideale» che Dio prepara attuando gli altri misteri (Creazione, Rivelazione, Redenzione) e soprattutto nell’elezione del popolo ebreo e di Gerusalemme, riassun- ta in quella di Maria. è nel- la Serva del Signore, nella quale si personalizza il vero Israele, è nel suo amore che accoglie tutto l’Amore divi- no, che padre Romano ve- de l’inizio e la concretezza personale della Chiesa, un inizio che rimanda in avan- ti e produce la definitività del tutto: «ut omnes simus consummati in Amore Ma- tris» (Note; cfr. LG 62: «fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti»). Proprio nel suo rilievo del- la consummatio (sia qui che altrove), del nostro essere

resi perfetti da Dio, dal suo dono di Sé, della salvezza, ciò per cui l’eremita prega e si offre, egli sembra ri- cordarci che il compimento

Le radici a San Donato di una santità orientale

Padre Romano Bottegal è nato a San Donato di Lamon il 28 dicembre 1921; fu portato al fonte bat- tesimale tre giorni dopo, dove ricevette i nomi del padre, Romano, e del nonno, Donato. Fu battezza- to da don Giulio Strappazzon. Sacerdote, monaco cistercense ed eremita in Terrasanta, padre Ro- mano fu contemplativo per carattere e vocazione, tanto che i suoi biografi non dicono che fu «uomo di preghiera», ma che «si fece preghiera». Povero, non meno di Francesco d’Assisi e dei grandi asceti, mortificato, distaccato, giunse ad uno spogliamen- to tale da essere paragonato al Cristo «crocefisso, offerto nudo sofferente e solo», per la salvezza del mondo. Definì la contemplazione come «vita in Dio nella gioia e nella sofferenza indicibile». Morì all’ospedale il 19 febbraio 1978. La pietà e la stima dei libanesi per il loro eremita portò clero e popolo a deporre le sue spoglie mortali nella Cat- tedrale di Baalbeck, diocesi in cui si visita tuttora l’eremo in cui il padre visse negli ultimi anni della sua vita: è a Jabbouleh, nel nord della valle della Beqaa.

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