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offscapes

J.:«Tragico inverno bimillenario, / carico e tronfio di un pathos di nebbia, / barba canuta e retorica antica, / gretta e retriva, malevola rabbia, / bolsa ed

asmatica vecchia canzone / non tace un istante, non dà respiro / neppure l’ottusa e sorda fanfara / del carrozzone barocco del sole / che esprime balorda

soddisfazione, / pelle ben lucida e ben tesa. / Mentre la carne si aggira inerme, / sogna, s’inzuppa e gocciola sangue, / si copre di vergogna, giace

esangue, / fradicia, giù sul pavimento lustro, / sciupando la nettezza dello spazio / ben definito e vuoto, precisato / dalle linee geometriche di stanze: / queste

mie stanze, e queste parole / canzonettate (che soddisfazione), / ben arredate (che soddisfazione / rosicchiare ogni secondo, andare / avanti e rimanere

poi in un canto, / continuazione ad libitum di nota)… / restiamo clandestini della vita, / sempre nascosti nel buio delle stive / dei grandi transatlantici di

lusso, / nell’ombra paresseuse dei tovaglioli / e delle tende chic dei ristoranti / di prima classe; morsi di ratti, / eterna ambizione dei secondi, / passare e passare,

andare avanti… / adesso ferma non essere ingordo, / lasciagli fare il suo sporco lavoro / con l’esattezza dei microchip, / secondo l’ordine (soddisfazione) / che

traccia rotte navali, disegna / serie, sequenze di calcoli esatti, / iterazione e riproduzione, / con precisione ed accuratezza / (senza passione e senza più

illusioni) / ma con un’esatta destinazione)»

Adesso Johnette ha in mente a qualcosa… / J.: «Incroci di verticali e orizzontali / e linee aeree intercontinentali, / metalliche corsie millimetriche, / solide guide

d’acciaio per titani / lungo lunghissime rette incidenti; / basta un insetto, un piccolo punto / ed è inutile poi calcolare / la differenza che corre rispetto / alla retta

normale incidente / quando si scontrano due aeroplani / forse un concorde e un settequattrosette / in un concorde abbraccio arancione / sul mare ingordo

l’oceano immenso / (abbraccio circolare sul confine / della ragione, del mondo, del senso / che ci delimita e ci costringe / oltre ogni logica precisione) / riescono

allora a popolare il sonno / e anche in città, nel pieno centro, / cadaveri riaffiorano nei fiumi / ci guardano da sotto i ponti mentre / andiamo a divertirci a

distrarci: / le loro facce distorte dall’agonia, / i loro corpi miseria del dolore. / alla fine i nostri volti avranno / scolpiti in un certo modo i tratti / di quella smorfia

di sofferenza: / ci guarderemo l’un l’altro sospettosi, / bisognerà sforzarsi, e dimostrarsi / che si è ancora tutti dei nostri / e che la loro morte non riguarda / un

mondo di valori ben espressi… / mentre la notte urleranno sirene / lampi di blu, di giallo, o di rosso / tra i verdi sempre più verdi a ora tarda, / (piccole luci nel

buio): e allora dovremo / guardare alla notte oscura del tempo».