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Dal discorso sullo Stato dell’Unione di Barack Obama fatto al Congresso
degli Stati Uniti lo scorso 12 febbraio:
“La nostra principale priorità è fare
dell’America un magnete che attiri nuovo lavoro nell’industria manifatturiera.
Dopo aver perso oltre 10 milioni di posti negli ultimi dieci anni per il fenomeno
della delocalizzazione, negli ultimi tre anni ne sono ritornati in America 500.000:
Caterpillar sta riportando posti di lavoro dal Giappone; Ford dal Messico;
Intel sta aprendo la fabbrica più avanzata della sua storia qui negli USA;
Apple ricomincerà a costruire Mac in America. Ci sono una serie di cose
che possiamo fare per accelerare questi trend. L’anno scorso abbiamo creato
in Ohio un nuovo istituto rivolto all’innovazione nell’industria manifatturiera
che oggi è il laboratorio che a livello mondiale rappresenta lo stato dell’arte
sul tema della stampa 3D, un’innovazione che ha il potenziale di rivoluzionare
il modo con cui costruiamo quasi tutto. Stanotte annuncio il lancio di altre tre
iniziative simili focalizzate su altrettanti temi high tech diversi, e chiedo
al Congresso di approvare altri 15 progetti di questo tipo in tempi brevi, perché
dobbiamo creare dei luoghi di incontro tra entità pubbliche e operatori
di business volti a sviluppare partnership che hanno l’obiettivo di creare posti
di lavoro high tech. La prossima rivoluzione manifatturiera sarà una rivoluzione
high tech e sarà Made in America”.
Il tema è all’ordine del giorno anche in altri Paesi: Francois Hollande (socialista)
appena eletto nel luglio scorso presidente dei francesi ha nominato all’interno
del suo Governo un Ministro per la Reindustrializzazione. Il primo ministro inglese
David Cameron (conservatore), aveva fatto esattamente la stessa cosa poche
settimane prima in occasione di un rimpasto di Governo. Due politici
di orientamento opposto che sono arrivati alla stessa conclusione... Non senza
problemi, nel caso di Cameron, che ancora una volta ha marcato una forte
discontinuità dai furori ideologici tatcheriani (la Lady di Ferro amava ripetere:
“Meglio un banchiere di un ingegnere”).
Al momento in cui scriviamo non sappiamo quale sarà stato l’esito delle elezioni
politiche italiane del 2013. In campagna elettorale di come ricostruire su basi
high tech l’industria manifatturiera italiana - la seconda in Europa e ancora tra
le prime otto nel mondo - non se ne è parlato. Chi segue la politica con
particolare attenzione e passione anche per questo tema, come chi scrive,
sa bene chi in questi anni ha operato in questo senso e chi no, e spera di sentire
da parte del nostro nuovo Presidente del Consiglio, nel discorso di insediamento
del nuovo Governo italiano, parole simili a quelle di Obama.
Se invece sentiremo cose tipo: “Abbandoneremo l’euro così potremo ritornare
all’epoca delle svalutazioni competitive”, che hanno sempre arricchito pochi
e alla fine danneggiato tutti, allora i tempi per chi punta sull’innovazione ICT
saranno ancora più duri. Ma noi continueremo a crederci!
Ruggero Vota
Quelli che hanno le idee chiare
EDITORIALE
febbraio 2013
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