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Dire “ho gestito questo progetto, con questi obiettivi,
di tot valore, coordinando venti persone e durato
sei mesi“ è totalmente diverso da dire “ho manife-
stato ottime doti di coordinamento, sono orientato
ai risultati, ho grandi capacità di problem solving
e di team building”. La valutazione va lasciata ad
altre persone e ad altri contesti.
È interessante notare che chi tende a darsi da solo
un bel 10 e lode in tutto è poi lo stesso che alla fine
chiama e chiede: “come mai non hanno scelto me
che ero il candidato ideale?”
Altra tendenza da evitare, purtroppo frequentissi-
ma, nella descrizione della propria attività è l’uso
di una terminologia, di acronimi, quasi di un ‘slang’
tipico della propria azienda, ma non immediata-
mente comprensibile all’esterno. Capisco che chi
ha lavorato per 10 anni in IBM o in HP o in qualsia-
si grande gruppo sia talmente abituato a un certo
linguaggio che fatica a cambiarlo, persino a pen-
sare che qualcuno possa usare un’altra parola per
definire quel ruolo o quella attività. Uno sforzo in
tal senso però lo farei.
Siate totalmente sinceri nell’indicare il livello di co-
noscenza di una lingua straniera, si viene smasche-
rati subito in sede di colloquio e si parte in salita.
Evitate di dare informazioni su inquadramento e
retribuzione annua lorda base (RAL) tranne che per
una specifica richiesta: non è ancora il momento.
Gli aspetti personali della nostra vita, hobby e si-
mili servono sicuramente a dare un’immagine più
definita di noi stessi, ma vanno tenuti entro precisi
limiti. Va bene dire che mi piace leggere, sciare e
che pratico karatè. Ma elencare i libri che ho letto
ultimamente o dire quando sono diventato cintura
nera esce decisamente dai confini di un curriculum
professionale. Lo stesso discorso vale per i titoli, gli
attestati o i corsi frequentati, citarli è utile ma sen-
za dilungarsi sul loro contenuto. Se una di queste
esperienze sarà ritenuta interessante avremo tutto
lo spazio di parlarne in sede di colloquio.
Primo obiettivo: essere convocati
Ricordiamoci che l’obiettivo del cv è principalmente
quello di superare il primo step, di essere convocati
per un colloquio, di norma il suo compito finisce lì,
poi arriviamo noi in persona e inizia un nuovo film.
L’ultima considerazione riguarda l’eventualità di fi-
nalizzare il proprio cv alla posizione specifica per
cui viene inviato. Non si tratta di dire cose non vere,
ma di mettere in risalto le esperienze professio-
nali allineate al ruolo per cui ci candidiamo. Se un
commerciale ha un’esperienza bilanciata tra mon-
do bancario e assicurativo e la posizione riguarda
solo le banche è superfluo elencare i nomi di 20
clienti nell‘Insurance, mentre è sicuramente utile
essere più dettagliati sui contatti e sui deal seguiti
nel banking.
Se sono un programmatore che conosce vari lin-
guaggi ma la posizione per cui mi propongo riguarda
principalmente il mondo Java sarà utile so¢ermarsi
maggiormente su queste esperienze di sviluppo.
Come tra una serie di foto tutte vere, senza ritoc-
chi, scegliamo di mostrare quella che riteniamo più
adatta alla circostanza, così a mio avviso dovrebbe
essere con il cv.
La nostra foto invece, quella vera, anche se ci piac-
ciamo molto, eviterei di metterla: nel caso verremo
ammirati in seguito. Del nostro cv possiamo anche
avere una versione sintetica e una più analitica e
inviare una o l’altra a seconda dei casi.
In sintesi il proprio cv non è un volantino standard
da spedire con una mailing list: è un ritratto di noi
stessi, della nostra figura professionale, un curato
biglietto da visita che va usato in modo attento e
mirato.
Foto: © gigra - Fotolia.com
Sergio Cantinazzi
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