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EuroWire – Marzo 2009

145

articolo tecnico

L’azione di un ritardante di fiamma consiste

nell’eliminare o limitare uno dei fattori,

agendo fisicamente o chimicamente (o in

entrambi i modi) sui prodotti liquidi, solidi e

gassosi che si formano durante il processo.

L’azione fisica è di tre tipi:

Raffreddamento del processo di feedback

termico, che interrompe la fornitura del

calore necessario a proseguire la pirolisi

del materiale polimerico.

Diluizione della miscela di combustione.

Formazione di uno strato protettivo,

ove il materiale polimerico solido viene

protetto con l’ossigeno proveniente

dalla consistente fase gassosa mediante

uno strato protettivo solido o gassoso.

Si ha così una riduzione del calore

irradiato al polimero, con conseguente

rallentamento della pirolisi e riduzione

dell’apporto di ossigeno al processo di

combustione.

L’azione chimica si può distinguere in:

Reazione in fase gassosa: i radicali si

generano dal ritardante di fiamma

chimicamente per agire sul processo di

combustione.

La reazione in fase condensata può

avvenire in due modalità. La prima

consiste nella formazione di uno

strato protettivo di carbonio (residuo

carbonioso) sulla superficie del polimero,

che presenta le caratteristiche di un

isolante termico e funge da barriera

fra i prodotti della pirolisi e l’ossigeno.

La seconda consiste nell’aumento di

questo strato e nel ritardo del processo di

feedback termico.

Il ritardante di fiamma addizionato al

materiale può essere di vari tipi:

Reattivo: reagisce chimicamente con il

polimero.

Additivo: miscelato al polimero.

Reattivo ed additivo: presente nel

materiale in entrambe le forme.

La scelta del ritardante di fiamma è

influenzato dai seguenti fattori:

Tossicità

Biodegradabilità

Stabilità del calore nel polimero

Il triossido di antimonio (Sb

2

O

3

) viene

normalmente addizionato al fine di ridurre

l’infiammabilità

del

PVC

plasticizzato;

tuttavia il triossido di antimonio consente di

arrestare più efficacemente il meccanismo

della catena dei radicali nella fase gassosa,

ma aumenta la quantità di fumo generato

in caso di incendio. Numerose aziende

specializzate nel trattamento del PVC

hanno dimostrato interesse in altri additivi

ritardanti di fiamma che consentono una

riduzione dell’infiammabilità senza produrre

componenti tossici o corrosivi. Il ritardante

di fiamma non dovrebbe influenzare

negativamente le caratteristiche specifiche

del PVC.

Sarebbe inoltre auspicabile che qualsiasi

miglioramento della capacità di resistenza

alla fiamma fosse associato ad una riduzione

della densità dei fumi. In caso di incendio,

il PVC rilascia del cloruro d’idrogeno (HCl),

con l’umidità sempre presente nell’aria.

Normalmente si utilizza il carbonato di

calcio nel PVC come additivo innocuizzante

dell’acido e filler economico. In definitiva,

un ritardante di fiamma ideale dovrebbe

presentare anche questi vantaggi.

3.3 Studio della possibilità di

incorporare i nanofiller nel PVC

Recentemente, i nanocompositi polimerici

(PNC), e in particolare i nanocompositi

polimero/argilla,

hanno

suscitato

un

notevole interesse. Si possono ottenere tre

tipi principali di nanocompositi quando

un silicato stratificato viene disperso in

una matrice polimerica. Ciò dipende dalla

natura dei componenti utilizzati come la

matrice polimerica, il silicato stratificato e il

catione organico. Se il polimero non riesce ad

intercalarsi tra le lamine di silicati, si ottiene

un microcomposito. Tale composito a fasi

separate presenta le stesse proprietà dei

microcompositi tradizionali. Oltre a questa

famiglia classica di compositi filler-polimero,

si possono ottenere

3.3 Studio della possibilità di

incorporare i nanofiller nel PVC

Recentemente, i nanocompositi polimerici

(PNC), e in particolare i nanocompositi

polimero/argilla,

hanno

suscitato

un

notevole interesse. Si possono ottenere tre

tipi principali di nanocompositi quando

un silicato stratificato viene disperso in

una matrice polimerica. Ciò dipende dalla

natura dei componenti utilizzati come la

matrice polimerica, il silicato stratificato e il

catione organico. Se il polimero non riesce ad

intercalarsi tra le lamine di silicati, si ottiene

un microcomposito. Tale composito a fasi

separate presenta le stesse proprietà dei

microcompositi tradizionali.

Oltre a questa famiglia classica di compositi

filler-polimero, si possono ottenere due tipi

di nanocompositi:

Strutture intercalate, che si formano

quando una o più catene polimeriche

estese sono intercalate (frapposte)

con strati di silicato. Si ottiene così

una struttura multistrato ben ordinata

formata da strati polimerici alternati con

strati inorganici.

Le reazioni successive di polieni coniugati

altamente reattivi causano la reticolazione

o la scissione della catena polimerica, e

formano benzene e tracce minime di benzene

condensato e/o alcalinizzato secondo la

temperatura e l’ossigeno disponibile (reazioni

secondarie).

La degradazione deve essere controllata

con l’aggiunta di agenti stabilizzatori.

L’agente stabilizzatore di calore deve evitare

la reazione di deidrodeclorinazione che è il

processo primario di degradazione.

I sistemi calcio-zinco rappresentano una

buona alternativa agli agenti stabilizzatori

a base di piombo, come dimostra il recente

aumento del suo utilizzo. Le principali aree

di applicazione in cui i sistemi Ca-Zn sono

maggiormente presenti sono il settore del filo

e del cavo, gli interni delle automobili, seguiti

da tubi e profili.

I composti metallici sono stati selezionati

come stabilizzatori senza piombo perché il

loro effetto sul corpo umano è trascurabile,

e pertanto la probabilità di essere soggetti a

regolamenti e restrizioni in futuro è minima.

Combinando gli stabilizzatori ottenuti da

questi metalli è stata sviluppata una resina

a base di PVC con uno stabilizzatore senza

piombo adatta all’utilizzo in isolamenti e

rivestimenti di fili.

3.2 La funzione dei ritardanti di fiamma

nel PVC

Il processo di combustione può essere

sintetizzato nelle fasi seguenti:

Riscaldamento

Decomposizione (pirolisi)

Ignizione e combustione

Propagazione con feedback termico

Il riscaldamento del materiale mediante

sorgenti termiche esterne aumenta la

temperatura del materiale, ad una velocità

che dipende dall’intensità del calore

emesso, dalle caratteristiche di conduttività

termica del materiale, dal calore latente di

fusione e di vaporizzazione e dal calore di

decomposizione.

Al raggiungimento di una temperatura

sufficiente, il materiale inizia a degradarsi

formando delle miscele gassose e liquidi.

Queste miscele si formano ad una

velocità che dipende dall’intensità con

la quale il materiale polimerico viene

riscaldato. La concentrazione dei prodotti

in

decomposizione,

miscelandosi

con

l’aria circostante, aumenta fino a rientrare

nell’intervallo d’infiammabilità. In questa

situazione, la presenza di una sorgente di

calore causa l’ignizione della miscela. Il calore

generato viene parzialmente irradiato al

materiale (feedback termico), in modo da

proseguire con la pirolisi.

Reazioni a catena

(“meccanismo zip”)

HCI

PVC

HCI

Ciclo di combustione del polimero

Sostanze

volatili

ossigeno

Fiamma

Prodotti

Calore

Polimero

Ciclo di

combustione del

polimero

Dispersione

Fase gassosa

Fase

condensata

Residuo carbonioso