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Bridget chi?

Più che ricevere ospiti insomma, mi è

sempre piaciuto godermi la mia casa

tutta per me, ritagliarmi quegli spazi

tanto preziosi che aiutano a rige-

nerarsi. Ecco, da un po’ di tem-

po tutto questo non è che un

lontano ricordo. Sono sem-

pre in giro, sempre di corsa

e, complice anche l’estate

che porta a trascorrere mol-

to più tempo fuori, mi sono ri-

trovata a chiedermi quando sia

stata l’ultima volta che ho passato una

serata a casa, consumando un pasto

vero e cucinato da me, non una triste

scatoletta di tonno e verdure e non l’en-

nesima pizza che, mangiata tre o quat-

tro volte a settimana, oramai fa di me

l’emblema dello stereotipo italiano. Se

poi per caso volessi farlo - cucinarmi un

vero pasto - trovandomi per caso una

sera senza impegni, non potrei nem-

meno, perché il mio frigorifero ormai

mi fa venire in mente una sola parola:

desolazione. Bene, in questo panorama

da “giovane adulta non più tanto gio-

vane ma che conduce una vita da ado-

lescente”, mi sono involontariamente

trovata - mangiando fuori sempre più

spesso - ad avventurarmi in un tour ga-

stronomico fra i vari bar, bistrot, risto-

ranti e locali del circondario, scoprendo

che i tempi del Mc Donald’s sono lonta-

ni anni luce e che l’hamburger è diven-

tato una questione seria. Proprio qual-

che sera fa mi trovavo in un bellissimo

locale appena scoperto, con quel mood

shabby chic che va tanto di moda, e os-

servavo unmio amico quasi commosso

mentre azzannava l’hamburger della

casa, indeciso se gustarselo lentamente

o farlo fuori in venti secondi netti (alla

fine ha optato per la seconda) e ogni

volta che il cameriere passava davanti

al nostro tavolo gli diceva “fantastico,

il più buono che abbia mai mangiato!”.

Ecco che ho iniziato a riflettere su quel-

lo che è diventato un vero e proprio

fenomeno di costume. Quello che un

tempo era un semplice disco di carne

macinata e pressata, un pasto veloce

e leggero, come si è evoluto fino ad

arrivare al piatto più diffuso al mon-

do, in versioni dalla più economica e

trash a quella gourmet, pagata cifre

da ristorante stellato? Il fenomeno-

hamburger è iniziato intorno agli anni

70, quando il mito americano è riuscito

a rendere affascinante perfino quell’a-

nonimo disco di carne e formaggio infilati fra due fette di pane. Dopo qualche

tempo arrivarono però i dubbi: il cibo da fast food non dev’essere poi così sano,

basti dare un’occhiata agli abitanti della sua patria, sempre più in sovrappeso.

Seguì quindi una fase di boicottaggio dell’hamburger che iniziò ad esse-

re evitato ed etichettato come “il male”. Qualcuno però ebbe un’idea

geniale: e se l’hamburger, che in fondo piace a tutti, fosse preparato

con ingredienti a km zero, con le carni migliori e il pane appena sfor-

nato, presentato in modo da farlo sembrare un capolavoro di ge-

nuinità? Ed ecco fatta la magia che, diciamocelo, altro non è che una

buona idea di marketing per riportare l’hamburger sulla cresta del-

l’onda e venderlo non più a prezzi abbordabili, da paghetta della dome-

nica, ma a cifre che si potrebbero definire da pretenziose a esorbitanti.

Però che dire, sarà per l’allure di questi locali che ti servono il burger con accan-

to le patatine fritte contenute ad arte

in un pentolino di stagno, su graziosi

tavolini fatti di piastrelle cementine

ricoperti da tovagliette di carta da gior-

nale rétro, sarà che va di moda, sarà che

è semplicemente più buono... insomma

il fascino del gourmet-burger l’ho subi-

to anch’io.

Mi sono anche resa conto però che -

forse perché preparare un hamburger

sembra un’operazione tanto semplice

- tutti si credono capaci di farlo e in-

somma, le hamburgerie sono spuntate

come i funghi. Il risultato? Tanti dopo-

cena decisamente poco gourmand, a

base di acqua tonica e Citrosodina per

digerire dei “mattoni” fatti con pane

gommoso e carne scongelata, rigorosa-

mente di ottima Fassona o Chianina, a

detta del menu.

Dal Big Mac

al gourmet-burger,

il classico panino con carne

e formaggio ne ha fatta di

strada ed ora è diventato

una vera e propria

burger-mania!

PROCEDIMENTO

Mescolare gli ingredienti e lavorarli

fino ad ottenere un impasto soffice e

liscio; metterlo in una ciotola legger-

mente oliata, coprire con un canovac-

cio e lasciar lievitare fino al raddoppio

del volume. Sgonfiare l’impasto,

suddividerlo in 8 pezzi e

dare a ognuno la for-

ma di un disco. Un-

gere una teglia con olio

e disporvi i panini, coprirli

e lasciarli lievitare ancora per

un’ora. Sbattere un uovo con un

cucchiaino d’acqua, spennellare i

panini e cospargerli con i semi; cuo-

cerli in forno preriscaldato a 190 °C

fino a doratura, per circa 15 minuti.

INGREDIENTI

per 8 panini

per l’impasto

180 ml d’acqua calda 30 g di burro

morbido 1 uovo 450 g di farina

50 g di zucchero 1 cucchiaino di

sale 1 bustina di lievito di birra

per la copertura

1 uovo 1 cucchiaino d’acqua semi

di sesamo e zucca q.b.

DIFFICOLTÀ:

facile

COSTO:

basso

TEMPO:

preparazione 10 minuti

lievitazione almeno 2 ore

cottura 15 minuti

Burger buns

Ricetta

TEGLIA PIANA

linea Delícia - art. 623016

dimensioni: 40x36 cm

Prezzo consigliato: € 15,90

in forno!

@incroissanterialab

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