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Tescoma compie 20 anni e a me è venuta voglia di fare un tuffo nel passato. Lo

considero uno sport estremo, il solo pensare a “vent’anni fa” mi fa venire la pelle

d’oca. Ma i ricordi, il più delle volte, fanno sorridere... e alcuni fanno anche venire

l’acquolina inbocca! Ecco allora unflashback fra imiei viaggi e le ricette di quell’anno.

E se potessi...

In questo numero celebrativo per il ventesimo compleanno dell’azienda che or-

mai è la mia seconda famiglia, guardo indietro e ripenso a com’ero, dov’ero, co-

sa facevo, cosa sognavo vent’anni fa. Era il 1996, l’anno dei miei 18 anni

(ebbene sì, esco allo scoperto), sembra lontanissimo e in effetti lo è, sia

in termini di tempo, sia per come sono cambiata rispetto alla ragazzina

che ero, una secchiona (ma di quelle che passavano i compiti) timida e

goffa. Era l’anno a cavallo fra la quarta e la quinta liceo, un periodo che

ricordo con piacere ma decisamente senza

malinconia. Era l’anno in cui mi presi una

cotta epocale per il chitarrista del grup-

po della scuola, il genere di bello e

dannato che non mi avrebbe mai guardata e che – rivisto di re-

cente – ora mi guarda eccome, solo che non è più bello e dannato,

o forse ho solo cambiato gusti. Era un periodo in cui viaggiavo più

di adesso, il liceo linguistico presupponeva che si facesse pratica

sul campo e quell’anno, lo ricordo bene, andammo in gita scolasti-

ca a Dublino nella settimana di San Patrizio. A me mancava solo

unmese ai 18 anni, quasi nessuno dei miei compagni li aveva anco-

ra compiuti e lasciatemelo dire: portare una scolaresca in Irlanda

e vietarle di entrare nei pub è davvero crudele. Fu lì che mi scoprii un

insospettabile talento di falsaria: giravamo con la fotocopia della carta

d’identità anziché con l’originale per paura dei furti e allora, armata di correttore,

penna e matita, avevo creato dei veri e propri capolavori, facendo diventare tutta la

classe, magicamente, maggiorenne. Non volevamo ubriacarci, solo poter dire “era

San Patrizio dentro a tutti i pub d’Irlanda e io c’ero.” Fu una settimana divertente,

non esattamente una di quelle gite pazze in cui si fanno danni (quelli li avevamo fatti

l’anno precedente, per questo la scuola si era riorganizzata sostituendo

alla classica gita in hotel, quelle settimane di vacanza

studio in cui si veniva ospitati, due per famiglia,

nelle case di gente del posto). Ricordo la came-

retta della famiglia che mi ospitava, tappezza-

ta di poster dei Boyzone che, insieme ai Backstreet Boys e ai Take That, andavano per la mag-

giore fra le ragazzine, comprese me e le mie compagne di classe. L’altro ricordo, nitidissimo, è

il gelo: penso di non avere mai provato un freddo del genere, sperimentando le condizioni cli-

matiche più estreme (chi si sarebbe mai aspettato una tormenta di neve a metà

marzo?). Un freddo che costringeva ad indossare, a stra-

ti, tutti i maglioni che mi ero por-

tata per l’intera set-

timana:

tornare indietro vent anni?

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per la festa

18 anni,

tante destinazioni da

scoprire e una sensazione che,

guardando indietro, poteva

tradursi in una frase: il bello

deve ancora venire.

Era il 1996!

Bridget Chi?

Ero un po’ titubante all’idea di

scrivere un “diario non proprio

segreto” del magico mondo (o

lo definirei piuttosto giungla) dei

single di oggi, ma per le lettrici

che non sono proprio lo stereoti-

po della casalinga perfetta, ecco

che va in scena la mia vita di “zi-

tella 2.0”, il mio diario anti-Brid-

get Jones – non così imbranata,

non così alcolizzata, non così in

lotta con la bilancia… inutile dire

che ogni riferimento a persone o

fatti realmente accaduti è pura-

mente casuale!

Bridget chi?

2/2016

anni

47